Venerdì 19 Aprile 2024

L'Ima fa shopping in Germania, Vacchi: "Portiamo 200 posti di lavoro"

Acquisite cinque aziende tedesche

Bologna, Alberto Vacchi (FotoSchicchi)

Bologna, Alberto Vacchi (FotoSchicchi)

Bologna, 16 dicembre 2014 -  «Portiamo lavoro in Emilia. Si tratta di 150-200 posti per la filiera nell’arco di tre anni, con una ricaduta di 60-70 milioni di euro». Alberto Vacchi ha appena svelato l’acquisizione più importante nella storia della ‘sua’ Ima. Giornalisti convocati in fretta e furia al mattino, quindi un inusuale quarto d’ora di ritardo in conferenza stampa («Abbiamo chiuso in questi minuti, dovevamo definire gli ultimi dettagli»). Il carrello è ricco: nel portafoglio del gruppo bolognese entrano cinque aziende tedesche leader nel packaging alimentare, e in particolare nel dairy, il settore caseario.

Presidente, in piena crisi investite 65 milioni e fate ‘shopping’ in Germania. È tornata la fiducia?

«Assolutamente. Il Paese ha voglia di cambiamento, la tensione che si avverte nasce da questa esigenza. Il nostro è anche un segnale di speranza».

Vi accollate otto stabilimenti: quattro in Germania, due in Francia, uno in Spagna e in India. Gli 850 dipendenti rischiano qualcosa?

«Resteranno tutti al loro posto, escluse le normali procedure di turnover. La nostra storia insegna non abbiamo mai comprato un concorrente per ucciderlo».

Per Bologna e l’Emilia cosa significa questa operazione?

«Intanto nuovi posti. Benhil, Erca, Hassia, Hamba e Gasti hanno consolidato da tempo un processo di delocalizzazione della filiera. L’indotto, per capirci, è concentrato a Est. Nei prossimi tre anni noi vogliamo portarlo in Emilia, con la possibilità di dare lavoro a 150-200 persone».

Sicuramente a Est i costi sono minori, perché allora cercare fornitori a ‘casa’?

«Primo, perché chi lavora con noi qua, e lavora bene, non può rimanere strozzato dalla continua corsa alla produzione a basso costo. E comunque, come abbiamo sempre dimostrato, quello a cui puntiamo è la convenienza in senso lato. Per questo preferiamo avere l’indotto vicino e appoggiarci su fornitori affidabili, che conosciamo. La chiave è il rapporto qualità/prezzo».

La stessa che ha portato Philip Morris a Bologna. Quindi è il nostro territorio a fare la differenza?

«Nella nicchia packaging sì. L’Italia non potrà mai tirare fuori una multinazionale in grado di competere con i colossi internazionali, noi dobbiamo specializzarci nel settore specifico: lì possiamo essere leader».

Nonostante scandali e astensione, pare che il sistema Emilia funzioni… Che rapporti avete con le istituzioni?

«C’è grande fiducia e collaborazione reciproca. Non penso solo alla politica, ma anche all’università. Credo che ci siano tutte le condizioni per raccogliere questa nuova sfida».

Dove vuole arrivare Ima?

«Con queste acquisizioni, nel 2015 supereremo il miliardo di euro di fatturato. Diventeremo uno dei due player più importanti del settore nel segmento food. Raggiungere questa ‘massa critica’ di ricavi, ci permetterà di ammortizzare costi di sviluppo sempre più crescenti e di reggere l’urto della concorrenza internazionale».

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