Martedì 23 Aprile 2024

Illumia fa squadra con il coach «Ero allenatore di volley Ora faccio emergere i talenti»

SE MAI vi capiterà di girare tra gli uffici della sede di Illumia, un palazzo nuovissimo a due passi dalla stazione di Bologna, non potrete non notare Livio Varesi. Il fisico di chi ha fatto sport a lungo, Varesi emerge come un professore in una classe di liceo. Qui l’età media dei 200 dipendenti viaggia tra i 33 e i 34 anni, e Varesi, superati da poco i 50, non può che avere un ruolo da saggio. E in effetti questo fa.

VARESI è il training manager e l’executive business coach dell’azienda bolognese che commercializza energia elettrica, gas, e a partire dall’autunno anche la fibra ottica. E’ il coach di questa squadra. L’uomo che forma, prepara, sostiene, migliora e sta al fianco dei dipendenti. Come faceva quando allenava squadre di volley fino alla serie B.

Sono poche in Italia le aziende che hanno avuto l’intuizione di dotarsi di un coach interno fisso. Un dirigente che collabora strettamente con il responsabile delle risorse umane e della direzione generale con due linee di lavoro: da una parte c’è una formazione programmata durante l’anno, dall’altra c’è l’attività vera e propria di coaching. «Questa parte – spiega Varesi – è concordata con il dipendente (detto coachee) oltre che con le risorse umane e punta a raggiungere obiettivi concordati insieme. L’obiettivo è sviluppare i talenti che ognuno possiede».

MOLTE aziende utilizzano coach esterni, prevedendo training o progetti specifici a spot. La peculiarità di Illumia è stata quella di investire su un coach interno, che è arrivato con un lungo bagaglio di esperienze manageriali e professionali. Un ruolo chiave. I periodi di training e gli obiettivi di massima vengono condivisi con la direzione generale e l’amministratore delegato. All’inizio dell’anno si prepara un calendario di formazione con obiettivi da raggiungere. «Ma oltre a questo – spiega Varesi – incontro i colleghi aiutandoli a raggiungere l’obiettivo che si sono prefissati attraverso un percorso di incontri individuali».

L’AZIONE di coaching si muove quindi sia sulla traiettoria degli obiettivi macro dell’azienda, sia su quella personale tenendo conto dei bisogni e delle aspettative dei singoli. Riuscire a risolvere e superare crisi, impasse, problemi, momenti di difficoltà, ma soprattutto potenziare caratteristiche che già si possiedono ma per le quali si vuole raggiungere l’eccellenza o comunque migliorare. Tutto questo aiuta il singolo e l’azienda intera a crescere e a dare il meglio.

I risultati? «Per la parte commerciale si guarda sempre il fatturato ma può essere fuorviante – dice Varesi – meglio guardare l’andamento dei KPI (key performance indicator) E poi si valutano i risultati attraverso le competenze acquisite. Sono gli stessi dipendenti che rispondono a questionari e test, valutando i miglioramenti, all’interno di appositi assessment center che gestisco in prima persona insieme allo staff HR. L’obiettivo è incentivare a 360 gradi ma anche essere valutati a 360 gradi, raccogliendo i giudizi di colleghi, manager e clienti. E’ importante che il manager abbia la consapevolezza di come viene visto e valutato, non solo dall’alto ma anche dalle persone che rispondono a lui».

NEGLI incontri one-to-one, (ovvero con il singolo collaboratore) il coach è un vero allenatore. «La prestazione è il potenziale meno le interferenze – continua Varesi – Ognuno di noi ha dentro tutte le potenzialità. Attraverso l’ascolto, il feedback e lo sviluppo del piano di azione di coaching si cerca di permettere al collega di trovare la propria strada. Non do consigli o suggerimenti, faccio piuttosto domande mirate che aiutano a prendere piena consapevolezza delle proprie “interferenze” e del proprio potenziale. Il tempo per raggiungere la consapevolezza delle proprie potenzialità è lasciato al coachee. Il coachee ha bisogno di spazio e tempo per perseguire il suo obiettivo, sia esso la risoluzione di un problema, o lo sviluppo di nuove competenze».

L’esperienza sportiva è stata fondamentale per Varesi. «Come allenatore mi occupavo di migliorare la impostazione tecnica, tattica e fisica ma anche la preparazione mentale. Questi quattro elementi si ritrovano anche in azienda. Un coach deve sapere fare emergere la consapevolezza di se stessi, la capacità di reagire a situazioni improvvise e a gestire lo stress». Capacità che fanno parte di quel bagaglio di soft skills che le aziende valorizzano sempre di più.

Davide Nitrosi

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