Il pasticcio superbonus 110%. C'è chi rischia di doverlo restituire

Fondi esauriti, le banche hanno iniziato a bloccare l’acquisto dei crediti: è saltato il vincolo di compensazione

Per chi non ha ancora presentato la richiesta (c’è tempo fino al 30 giugno), la strada per arrivare al Superbonus 110% è diventata impossibile. Ma rischia anche chi ha già attivato la procedura e firmato il contratto con le imprese edili: i lavori potrebbero non partire. Ma la vera beffa potrebbe essere quella per i condomini che hanno già incassato una parte dell’incentivo ma che, a causa del blocco del superbonus, rischiano di lasciare il lavoro a metà. In questo caso l’Agenzia delle Entrate potrebbe richiedere la restituzione del credito con tanto di sanzioni.

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Supebonus 110, operai su un ponteggio (Ansa)
Supebonus 110, operai su un ponteggio (Ansa)

A innescare una potenziale bomba sociale è stata la notizia dell’esaurimento dei fondi disponibili del maxi incentivo per le ristrutturazioni edilizie. Nelle ultime ore, dagli istituti di credito, sono partite numerose lettere e telefonate per annunciare ai rispettivi clienti che non sconteranno più le fatture dei lavori legate al super-bonus. Fra le prime a bloccare l’acquisto dei crediti è stata Intesa, spiegando chiaramente i motivi della decisione: "La norma di legge impone, per tutti gli operatori del mercato, un vincolo di compensazione che prevede che ogni anno i crediti fiscali come quelli edilizi non possano eccedere il livello di imposte e contributi versanti dalla banca e che appunto possono essere oggetto di compensazione". Per questa ragione, l’istituto "al momento, non è in grado di procedere con la sottoscrizione del contratto di cessione del credito". Non è un caso isolato. Già nei mesi scorsi erano state le Poste a fermare l’acquisto dei crediti. E sulla stessa scia c’è Bpm. Ma che cosa rischia chi ha già un contratto? Le l’impresa edili ha inserito una clausola che vincola l’avvio dei cantieri all’acquisto del credito da parte della banca, nessun problema. I lavori non sono partiti e non c’è stato alcun investimento.

Caso diverso è se la clausola non è stata inserita e i cantieri sono stati aperti senza aver prima incassato il via libera dell’istituto di credito. In questo caso le imprese stanno bloccando i lavori e, in qualche caso, anche smontato i ponteggi (che hanno, ovviamente, un costo). Con due conseguenze non secondarie. La prima: secondo la Cna sarebbero oltre 30 mila le imprese a rischio di fallimento con 150mila posti di lavoro in bilico. Sempre secondo l’associazione degli artigiani, i crediti fiscali delle imprese che hanno riconosciuto lo sconto in fattura e non monetizzati attraverso la cessione ammonterebbero a 2,6 miliardi di euro. Ma c’è una conseguenza ancora più pesante, quella delle imprese costrette a fermare i lavori già avviati e dove i condomini hanno già incassato parte del credito. In questo caso l’agenzia potrebbe far scattare le sanzioni e soprattutto chiedere la somma già erogata.

Che cosa fare? In primo luogo, serve un rifinanziamento del maxi-incentivo, come è già avvenuto in passato. Ma non basta. "Una soluzione attuabile nell’immediato dal Governo, al fine di non bloccare i lavori e quindi disinnescare questa bomba sociale prima che sia troppo tardi, potrebbe consistere nell’introduzione di un periodo transitorio, fino a dicembre 2022, in cui i crediti acquistati dalle banche potranno essere compensati comunque entro 10 anni o convertiti in Buoni del Tesoro poliennali – spiega Antonio Paciocchi, esperto di Superbonus della Deloitte –. Tale intervento, farebbe recuperare con immediatezza margini di operatività alle banche, nel periodo più produttivo dell’anno per le imprese edili". Una proposta rilanciata ieri anche dal M5s, che ha proposto per i crediti oggetto di acquisto successivamente al 1° gennaio 2022, la possibilità per banche e assicurazioni "di un ulteriore utilizzo" per sottoscrivere le emissioni di Buoni del Tesoro Poliennali con scadenza non inferiore a 5 anni.