Il private banking dribbla la crisi Cresce la ricchezza gestita I ‘paperoni’ vivono al Centro-Nord

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MILANO

UN PATRIMONIO in gestione di oltre 944 miliardi di euro, appartenente a più di un milione di clienti. Ecco, in cifre, l’identikit del private banking in Italia, cioè quell’insieme di attività di gestione e di consulenza finanziaria che le banche e gli intermediari specializzati offrono agli investitori di fascia medio-alta, quelli che hanno a disposizione una ricchezza complessiva di oltre 500mila euro a testa, escludendo gli immobili. Il private banking è un settore che nel nostro Paese cresce da tempo a ritmi sostenuti, benché l’economia italiana non viaggi proprio con il turbo. A dirlo sono le statistiche della società di ricerca e consulenza Magstat, che ha creato un Osservatorio indipendente sul private banking italiano e che pubblica ogni anno un’indagine dettagliata ricca di cifre e di analisi.

L’ULTIMA edizione della ricerca, la sedicesima, è stata diffusa qualche settimana, con dati aggiornati al 31 dicembre scorso e traccia anche un quadro di come il private banking si è evoluto dal 2009 a oggi. Nell’arco di un decennio, il patrimonio in gestione in questo settore è quasi raddoppiato, passando dai poco più di 500 miliardi del 2008 ai 917 miliardi del 2017 fino ai già citati 944 miliardi dell’anno scorso. Anche il numero dei clienti ha seguito un trend in crescita: tra il 2016 e il 2019, infatti, è salito di circa 100mila unità, passando da poco più di un milione a oltre 1,1 milioni. Ovviamente i ‘paperoni’ d’Italia (così vengono spesso chiamati gli investitori serviti dal private banking) si concentrano in buona parte nell’area più ricca del paese, cioè nelle regioni del Centro-Nord.

STESSO discorso per le filiali e gli uffici in cui operano i professionisti di questo settore: su un totale di 2.319 filiali presenti sul territorio nazionale, ben 506 si trovano in Lombardia, 199 in l’Emilia Romagna, 184 in Veneto 178 in Piemonte e 178 nel Lazio. Tra le province italiane, a guidare la classifica è Milano con 251 filiali, seguita da Roma 116 e Torino 94. Benché affollato di numerosi operatori in concorrenza tra loro, il mercato italiano del private banking è concentrato per lo più nelle mani di alcuni grandi operatori, che fanno capo ai maggiori gruppi bancari italiani.

IL LEADER del settore è Fideuram Ispb (Intesa Sanpaolo Private Banking) che gestisce 153,2 miliardi di euro e detiene una quota di mercato del 16,2%. In seconda posizione si piazza la divisione di private banking di Unicredit con 91,3 miliardi di euro seguita da Banca Generali con un patrimonio in gestione d 40 miliardi di euro (dati Magstat aggiornati all’inizio di quest’anno). I tre big player controllano da soli oltre il 30% del mercato, che corrisponde più di 280 miliardi di euro. La classifica delle big five italiane è completata da Ubi Top Private (gruppo Ubi Banca) con 33,8 miliardi e da Bnl Bnp Paribas con 32,6 miliardi di euro di asset in gestione. Tirando le somme, dunque, è innegabile che il private banking italiano sia ancora un settore in salute, che dà lavoro a migliaia di professionisti in tutta la Penisola.

SEMPRE secondo le rilevazioni di Magstat, i consulenti e gestori che operano in questo settore, cioè i cosiddetti private banker, sono in totale oltre 17mila, a cui vanno aggiunti 729 family officer, cioè professionisti che si dedicano ai clienti di fascia altissima, con esigenze complesse e una ricchezza di diversi milioni di euro che spesso fa capo a più membri di una stessa famiglia.

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