Martedì 23 Aprile 2024

I vantaggi del salario minimo «Un argine alle finte cooperative e ai contratti collettivi pirata»

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ROMA

«IL SALARIO minimo? «Occorre una proposta ben dettagliata, parlare di solo costo orario non ha senso». Paolo Stern, esperto diritto del lavoro e presidente della società di consulenza aziendale NexumStp che conta oltre 5mila clienti in Italia, analizza uno dei temi caldi del dibattito politico-economico, ennesimo motivo di scontro nel governo giallo-verde.

Dottor Stern, par di capire che secondo lei le proposte sul tavolo dettagliate non siano affatto…

«Al momento quelle in campo non sembrano esserlo, prima di tutto perché non si tiene conto della composizione del salario contrattuale, che prevede non solo una retribuzione diretta ma anche retribuzioni differite (tredicesima, quattordicesima, tfr, permessi, ferie ecc..). Senza questo chiarimento parlare di solo costo orario non ha senso. Inoltre non appare ben specificato poi se la tariffa prevista si debba considerare al lordo di ritenute previdenziali e fiscali (come dovrebbe essere per avere un valore unico per tutti e fisso)».

Ad oggi la determinazione del salario minimo è lasciata alla giurisprudenza e alla contrattazione collettiva. Nel disegno di legge in discussione lei vede un rischio paradossale. Quale?

«Il disegno di legge prevede un salario minimo orario di 9 euro al netto delle ritenute previdenziali che corrisponde a circa 10 euro lordi e 13 euro di costo azienda (considerando solo il carico diretto dei contributi mensili e non il peso delle mensilità aggiuntive e del tfr). Per come è scritta la proposta, molti contratti collettivi, anche molto noti e diffusi (per esempio i metalmeccanici) avrebbero alcuni livelli salariali sotto soglia, il che francamente sembra una situazione paradossale perché in quei casi la tariffa contrattata dalle parti sociali è stata definita equa dalla magistratura del lavoro».

Affrontiamo il tema dal duplice punto di vista: costi per le imprese e salario netto per i lavoratori.

«Se un’impresa che applica un contratto collettivo regolare vedesse crescere il costo del lavoro a ragione del salario di legge, verrebbe ingiustamente penalizzata e pertanto bisognerebbe prevedere un meccanismo correttivo. Si potrebbe ipotizzare un credito d’imposta che sterilizzi il maggior costo. Insomma, i costi contrattuali sono a carico dell’impresa ma se il legislatore vuole modificare dinamiche di mercato è giusto che il maggior costo sia fiscalizzato. Quanto poi al lavoratore, se l’operazione non si accompagna ad una revisione delle imposte sui salari potrebbe essere di pura facciata, poiché al crescere del salario lordo la crescita del salario netto non è né scontata, né proporzionale».

Com’è la situazione in Europa?

«Il tema è affrontato in modo differente tra Paese e Paese. La maggioranza degli Stati registra la presenza di retribuzioni minime inderogabili stabilite dalla legge. Dei 28 Stati membri, 22 hanno istituito il salario minimo. Fanno eccezione Italia, Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia. La paga minima mensile varia dai 235 euro della Bulgaria ai 1.999 euro del Lussemburgo».

Quali ambiti dovrebbero essere esclusi?

«Il salario minimo coinvolge tutti i rapporti di lavoro subordinati e parasubordinati co.co.co. Non dovrebbero entrare nel campo di applicazione i contratti di apprendistato, perché il datore di lavoro ha un onere della formazione, e i rapporti di lavoro domestico. Il ministero del Lavoro, sentite le parti sociali, dovrebbe poter introdurre con proprio decreto singole esclusioni, anche temporanee, dell’applicazione della norma per settori specifici eo per aree geografiche caratterizzate da tassi di disoccupazioni più elevati della media nazionale».

Gli elementi positivi del salario minimo?

«Superare la dicotomia tra rapporti di lavoro supportati dalla contrattazione collettiva e quelli privi della stessa (es. co.co.co); fare argine alla diffusione dei cosiddetti ‘contratti collettivi pirata’; impedire il proliferare delle ‘finte cooperative’, miglior contrasto al caporalato».

Quelli negativi?

«Rischio di un livellamento verso il basso del valore dei salari e rischio della messa in discussione della centralità del contratto nazionale di lavoro».

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