"I politici italiani danzano. Crisi e ritardi, serve Draghi"

Bill Emmott, ex direttore dell’Economist: il Recovery plan è ancora vago. "Ci vuole un governo stabile, senza Conte. L’ex Bce sarebbe l’uomo più adatto"

Mario Draghi

Mario Draghi

La buona notizia è che nel breve termine l’economia italiana non affonderà, anche se la crisi di governo dovesse prolungarsi. Per Bill Emmott, ex direttore dell’Economist e attento osservatore della politica nostrana, i nodi verranno al pettine, però, sul medio periodo. E qui l’Italia rischia grosso. A meno che non ci sia uno scatto d’orgoglio della classe politica e qualcuno riscriva il Recovery plan in maniera più circostanziata e trasparente. Per adesso scatti d’orgoglio non se ne vedono.

"È paradossale che un governo debole come quello di Conte sia stato così popolare fino ad ora, più popolare di altri primi ministri del passato molto più capaci di lui. Era prevedibile che prima o poi finisse così, data la frammentazione di questa maggioranza".

All’inizio è sembrato efficace nel gestire la pandemia.

"La pandemia è stata gestita abbastanza bene nelle prime fasi, fino a settembre. Poi la questione si è complicata e il governo Conte, come molti altri, si è incartato. Ma non lo si può criticare troppo su questo punto, perché si tratta di una situazione oggettivamente molto difficile. Invece sul rilancio economico del Paese non sembra davvero all’altezza".

Ora però tutti ce l’hanno con Matteo Renzi.

"Il Recovery plan italiano è troppo vago e questo è molto pericoloso per il Paese, perché si tratta di gestire un’enorme quantità di denaro e ne va del futuro dell’Italia e della sua reputazione, non solo in Europa ma anche sui mercati. Ora tutti se la prendono con Renzi, ma bisogna ammettere che la questione è cruciale e andava messa sul tavolo".

Quali sono i rischi, se non si corregge il tiro?

"Sul breve termine molto dipende dalla campagna di vaccinazioni. Se nel giro di cinque-sei mesi l’Europa riuscirà a vaccinare una grande quantità di persone, si potrà tornare alle normali attività economiche e il massiccio intervento dello Stato sarà tollerato dai mercati finanziari grazie al paracadute europeo. Rimettere in moto l’Italia sul medio-lungo periodo, invece, è una questione molto più difficile. È probabile che emergano nuovi buchi nelle banche, con la necessità di altri salvataggi. C’è il rischio di un’ondata di fallimenti. E qui la gestione oculata dei soldi del Recovery plan sarà essenziale".

Come uscirne?

"Quella a cui stiamo assistendo è una sorta di danza, molto italiana, che serve per trovare un governo più stabile. Ma a prescindere dal ‘pas de deux’ fra Conte e Renzi, ci si doveva arrivare comunque. C’è da sperare che Conte non ci riprovi, perché non ha i numeri. Questa danza dovrebbe portare il Pd e il M5s in una posizione tale da capire che non ci potrà essere un altro governo Conte".

Vede all’orizzonte qualcosa di meglio?

"Ci sono diversi nomi che circolano e non sono ancora usciti allo scoperto. Mario Draghi ovviamente sarebbe molto adatto per raddrizzare la barra dell’economia e riuscirebbe certamente a produrre un Recovery plan molto migliore nel giro di una mattinata di lavoro, ma in queste condizioni non accetterebbe facilmente. Ci sono altri economisti che potrebbero affrontare la situazione con successo, come Enrico Giovannini. Carlo Calenda è un’altra personalità possibile, è stato un buon ministro, ma non credo che riuscirebbe a passare lo sbarramento del M5s. Enrico Letta è un nome credibile. Non credo che Fico o Franceschini sarebbero in grado di affrontare una situazione economica come questa".

E andare al voto?

"Nessuno vuole andare a elezioni subito in queste condizioni. D’altra parte, chiunque vada al posto di Conte, dovrà barcamenarsi in una situazione estremamente fragile e frammentata. Perciò dovrà avere notevoli doti politiche. Anche il Recovery plan migliore del mondo è inutile, se poi non si riesce a implementarlo. E riuscire a implementarlo è una questione squisitamente politica".

 

 

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