Venerdì 19 Aprile 2024

I dossier delicati e le risposte che non arrivano

Bruno

Villois

Cambiano i governi ma i dossier scottanti si ripresentano con l’aggravante che invece di diminuire aumentano. Di quelli storici da c’è Alitalia, da oltre 15 anni Ilva, da tre anni è approdato quello di Autostrade diventando un problema nazionale. C’è poi quello della Fiat, poi Fca e da pochi mesi, dopo la fusione con Peugeot, Stellantis (a guida francese), a cui si sta aggiungendo un’ulteriore novità, la vendita di Iveco ai cinesi. Per non farsi mancare nulla c’è anche da definire la rete, il ruolo che deve avere Tim e quale patto possa definirsi, cessione o partnership, con Enel. Mentre l’accorpamento di Borsa italiana in Euronext, circuito pan europeo a guida francese, potrebbe ancora una volta metterci sotto l’egida francofona.

Il tempo corre e le risposte da dare diventano sempre più nebulose su quale debbapossa essere il ruolo del nostro Paese, pubblico o privato che sia. Quello di Alitalia appare essere non solo il più delicato, vista la vocazione turistica che ha e deve avere il nostro Paese, ma anche il più costoso: sono già 11 i miliardi che ha pagato lo Stato italiano. Draghi, con la sua autorevolezza stellare, è il premier giusto per provare a dipanare e salvaguardare il ruolo dell’Italia. Servirebbe una chiamata alle armi dei grandi investitori italiani che più che investire, ormai da decenni, vendono: per farlo è indispensabile che si dia corso a una riforma della giustizia civile e amministrativa e che si riconoscano agli investitori gli stessi vantaggi che riservano loro gli altri Paesi europei. Ci sono grandi ricchezze in Italia che hanno varcato legittimamente i confini per dare corso ai loro investimenti. Invertire la marcia e tornare da noi può essere possibile, fondamentale farlo.

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