Martedì 23 Aprile 2024

I costi invisibili della svolta ecologica

Bruno

Villois

La transizione ambientale da una parte entusiasma e dall’altra crea timori sulla tenuta dei sistemi produttivi e di riflesso all’occupazione. Soprattutto i trasporti e i carburanti stimolano la politica ad accelerare la carbon tax, ovvero la tassa sulle risorse energetiche che emettono inquinanti in atmosfera. Solo che la tassa rappresenta un costo sociale non compreso in quello di produzione e rischia di essere riversato sui consumatori.

La gente è estremamente interessata alla riduzione dell’inquinamento derivante dalle produzioni e dai trasporti, purché il costo lo paghi qualcun altro. Principio condivisibile, se non fosse che la sua incidenza sulle imprese, specialmente di piccole dimensioni, rischia di essere catastrofica. L’occupazione rischia un ridimensionamento pesante, e il dato potrebbe peggiorare sensibilmente se si gravasse la carbon tax, o i costi per adeguarsi al rapido calo delle emissioni, sulle sole imprese. I grandi produttori dell’automotive stanno investendo fior di miliardi per la progressiva riduzione delle motorizzazioni termiche a favore di quelle elettriche o almeno ibride, coinvolgendo nel costo i fornitori, ovvero la catena della componentistica, per noi particolarmente significativa. È una catena costituita essenzialmente da Pmi, alle quali viene imposta una riduzione dei prezzi, abbinata non solo ad una richiesta di maggior qualità delle forniture, ma anche all’allestimento di linee di produzione a basso impatto ambientale, e alla gestione virtuosa del complesso ciclo di vita dei prodotti. Il tema dei costi e delle sue ripercussioni socio-economiche è tutt’altro che risolto: finché non lo sarà agirà da rallentatore.

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