Giovedì 18 Aprile 2024

I big del private banking alla corte dei Paperoni

Sfida a colpi di gestione del risparmio e consulenze a 360° per i grandi patrimoni

Sono quasi 1,2 milioni di persone e hanno un capitale di oltre 500mila euro a testa. Sono gli utenti italiani del private banking, cioè di quell’insieme di servizi che le banche e i consulenti finanziari offrono ai clienti di fascia medio-alta, titolari appunto di una ricchezza finanziaria superiore al mezzo milione di euro. Dopo essere stati considerati per decenni un’elite importante ma non fondamentale per il mercato del risparmio gestito, oggi gli utenti del private banking (cioè i Paperoni d’Italia, come li chiamano da tempo i giornali) sono la categoria di investitori più ambita dalle banche e dalle reti di consulenti finanziari. Il perché non è difficile da capire: oltre a possedere molti soldi da gestire, gli investitori classificati come «private» hanno anche esigenze assai più complesse rispetto ai piccoli risparmiatori. Devono per esempio proteggere il loro patrimonio da rischi personali come la morte e gli infortuni, devono pianificare al meglio i versamenti fiscali delle imposte o gestire il passaggio della proprietà tra una generazione e l’altra della famiglia.

Per questo hanno la necessità di rivolgersi a consulenti sempre più qualificati, che di solito non si limitano soltanto a gestire il capitale finanziario del cliente ma possiedono competenze in altri campi, dal diritto successorio al fisco fino al settore assicurativo. Proprio perché hanno bisogno di servizi evoluti, gli utenti del private banking sono disposti pagare un po’ più della media la loro banca o il loro consulente di fiducia, mentre molti piccoli investitori privati si stanno invece orientando su prodotti finanziari a basso costo e il settore del risparmio gestito sta assistendo a un’ erosione dei margini di profitto delle case d’investimento.

Le banche e i consulenti finanziari, insomma, oggi puntano sui Paperoni proprio per continuare a guadagnare quanto in passato e per difendersi dall’arrivo sul mercato di nuovi player come le società di robo advisory, che offrono servizi di consulenza finanziaria via internet e puntano invece sulla massa della clientela al dettaglio (retail). Nel complesso, la ricchezza detenuta da tutti i clienti del private banking italiano oggi supera gli 840 miliardi di euro e dovrebbe raggiungere, secondo le previsioni degli analisti, la soglia 920 miliardi entro il 2021, con una crescita di oltre il 10% in un triennio. Tra i player di mercato, in questo settore la leadership è detenuta dalle società legate ai grandi gruppi bancari nazionali. Secondo le rilevazioni effettuate lo scorso anno dalla società di ricerca Magstat, il n. 1 è Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking che gestisce un patrimonio complessivo di 153,2 miliardi di euro appartenente a clienti di fascia alta (i dati più aggiornati sono stati diffusi nell’estate scorsa ma, rispetto ad allora, gli assetti di mercato non sono sostanzialmente cambiati).

Al secondo posto c’è il gruppo UniCredit che, con la sua divisione di private banking, gestisce 91,3 miliardi di euro. Terzo gradino del podio per Banca Generali che si sta ormai concentrando sulla clientela private e, in questo segmento di mercato, ha ormai superato ampiamente la soglia dei 40 miliardi di asset. La classifica elaborata nei mesi scorsi da Magstat assegnava invece il quarto e quinto posto a UBI Top Private (33,8 miliardi) e a BNL Bnp Paribas con (32,6 miliardi di euro). Anche il mercato del private banking, come l’intero settore del risparmio gestito, in Italia è abbastanza concentrato, con i primi cinque operatori nazionali che hanno una quota del mercato del 37,2% mentre i primi dieci si spartiscono addirittura il 51,6% del patrimonio, con asset totali di 487 miliardi di euro. Molto folta è la schiera di professionisti che si interfacciano direttamente con la clientela. I private banker italiani, cioè i consulenti e i gestori dei grandi patrimoni, sono in totale più di 17mila e operano in oltre 2.500 filiali sparse sul territorio, concentrate per lo più al Centro-Nord. Non bisogna poi dimenticare la presenza sul mercato di un’altra categoria di operatori: i family office, strutture indipendenti dal mondo bancario che gestiscono le ricchezze di investitori di fascia ancor più alta, in possesso di un capitale di diversi milioni di euro. In totale, i professionisti che operano all’interno dei family office italiani sono, sempre secondo le rilevazioni di Magstat, oltre 700. Anche per loro, i risparmi dei paperoni sono un piatto ricco.

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