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Milano - Mentre l’Unione europea è alla ricerca di un difficile equilibrio sul sesto pacchetto di sanzioni, la Russia continua a fare affari d’oro grazie alla vendita di petrolio e gas. E questo nonostante siano già in vigore pesanti restrizioni al commercio e alle transazioni finanziarie. A fare i conti ci ha pensato Iea, l’agenzia internazionale dell’energia, che nel suo ultimo rapporto stima un aumento dei ricavi dalle esportazioni di petrolio e prodotti della raffinazione del 50% quest’anno. In cifre si tratta di 20 miliardi di dollari che ogni mese affluiscono a Mosca in cambio della vendita di 8 milioni di barili al giorno. Denaro che, in gran parte, viene versato dai Paesi europei. Seppure in calo rispetto al 50% di febbraio, il 43% dell’export russo, infatti, continua a essere diretto nel Vecchio Continente. Nello stesso periodo, sono invece aumentate le importazioni di India e Cina, che hanno approfittato della situazione per accaparrarsi il petrolio russo a prezzi scontati. Un incremento che, però, non è stato in grado di compensare il calo che si è registrato in Europa. Se infatti le importazioni di greggio russo da parte del resto del mondo sono cresciute da 0,38 a 0,82 milioni di tonnellate alla settimana, quelle europee sono diminuite da 2,67 a 1,44 milioni ad aprile (dati Bruegel). Insomma, nonostante gli acquisti siano in diminuzione, l’Europa rimane il principale mercato di sbocco della Russia anche per il petrolio. Da quando è scoppiato il conflitto, inoltre, numerosi operatori, tra cui Shell e Total, hanno ridotto la propria dipendenza da Mosca. Una riduzione che, complice l’esplosione delle quotazioni del greggio, non ha influito però sui ricavi delle compagnie petrolifere russe e, di conseguenza, sulle finanze del Cremlino le cui entrate derivanti dalla vendita di idrocarburi sono cresciute del 50% rispetto ai primi quattro mesi ...
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