Mercoledì 24 Aprile 2024

Guerra in Ucraina, Cgia: "Il conflitto costa 929 euro a famiglia"

Le regioni più colpite saranno quelle del Nord e del Centro. Per Confartigianato imprese, serve una "misura salva salario" per sostenere i consumi ed evitare una recessione

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Che ci fosse un prezzo da pagare per la guerra in Ucraina si sapeva. Quello che non si sapeva è quanto fosse alto. Ebbene, per la Cgia di Mestre i costi del conflitto per le tasche degli italiani sono pari a 929 euro a famiglia. Cifre che sono il risultato di un Pil più piccolo quest’anno di 24 miliardi di euro rispetto alle stime anteriori alla guerra. Si tratta di una riduzione dell’1,4%, le cui cause, per la Cgia, sono da ricercare nel "deterioramento del quadro economico mondiale" dovuto al conflitto. E gli effetti, tra rincari delle bollette, difficoltà per le imprese di approvvigionarsi di materie prime e restrizioni al commercio internazionale, rischiano di essere ancora più pesanti di quanto calcolato. Le stime, infatti, avverte la Cgia, potrebbero essere riviste al ribasso in caso di un inasprimento della guerra. Insomma, il conto potrebbe essere ancora più salato.

Le regioni più colpite

Già adesso, del resto, alcune zone del Paese faticano più di altre. A essere maggiormente colpiti saranno il Nord e il Centro Italia, mentre il Sud subirà un impatto “meno violento”, grazie a costi dell’energia più contenuti, un’economia meno aperta agli scambi commerciali con l’estero e un Pil pro capite più basso. Per quanto riguarda le regioni, le famiglie più penalizzate saranno quelle del Trentino Alto Adige, con un calo di 1.685 euro, della Valle d’Aosta (-1.473 euro) e del Lazio (-1.279 euro). Ma se è vero che queste zone saranno quelle dove la crisi si scaricherà con più forza, è anche vero che i motivi alla base del peggioramento sono, almeno in parte, diversi. Mentre Trentino e Valle d’Aosta risentiranno soprattutto dei rincari energetici, il Lazio accuserà la forte riduzione dei consumi causata dall’aumento dei prezzi delle importazioni (nel 2020-2021, al regione ha infatti registrato un saldo commerciale negativo di 17 miliardi di euro). A fare peggio del resto del Paese saranno anche Veneto (-1.065 euro), Toscana (-1.059 euro) e Basilicata (-1.043 euro).

Il ritorno dell'inflazione

A ciò va aggiunto il ritorno dell’inflazione. Gli ultimi dati Istat la danno al 6,9%, ai massimi dal 1986. Per i lavoratori questo significa una riduzione del potere d’acquisto. Bisogna sottolineare che, però, l’inflazione non colpisce tutti allo stesso modo. A farne le spese, infatti, sarà in particolare chi ha un reddito fisso, come i lavoratori dipendenti. E poi i ceti meno abbienti, sui cui consumi pesano molto di più quei beni e servizi (come gli alimentari) che hanno registrato gli aumenti maggiori. Secondo l’Istat, infatti, un’inflazione al 6% si traduce in un incremento effettivo dell’8,3% per le famiglie più povere e del 4,9% per quelle benestanti. Insomma, “la tassa sulla povertà”, come è stata ribattezzata da alcuni economisti, rischia di aumentare anche le disuguaglianze. Per evitare questo scenario e tutelare il potere d’acquisto degli italiani, Confartigianato imprese invoca un taglio sostanzioso del cuneo fiscale, ovvero di tutte quelle imposte che gravano sugli stipendi dei lavoratori. “Solo con una misura salva-salari” spiega la Cgia, “potremmo evitare il crollo dei consumi delle famiglie e, conseguentemente, anche i ricavi degli artigiani e dei piccoli commercianti”.

Posizioni e previsioni

Una posizione che, però, non trova sponda, al momento, né a Palazzo Chigi né a Bankitalia. Infatti, il governatore di Via Nazionale, Ignazio Visco, nella sua relazione sul 2021, presentata qualche giorno fa, ha esortato a evitare “una vana rincorsa tra salari e prezzi”. Il timore è che un incremento delle retribuzioni inneschi un’ulteriore crescita dell’inflazione. Per questo, ha spiegato Visco, sono preferibili “interventi temporanei”, in grado di alleviare il costo dei rincari per le famiglie più in difficoltà. Tuttavia, per la Cgia il vero pericolo del prossimo futuro è rappresentato dalla stagflazione, ovvero una situazione nella quale bassa crescita e alta inflazione vanno a braccetto. “Probabilmente questo fenomeno non lo vivremo nel 2022” sottolinea Confartigianato imprese, ma “il trend sembra essere segnato”. Le difficoltà legate alla ripresa post pandemica, l’aumento dei prezzi dell’energia e gli effetti della guerra, potrebbero “spingere anche la nostra economia verso una crescita pari a zero, con un’inflazione che si avvierebbe a sfiorare le due cifre”. Uno scenario che rischia di rendere inefficaci gli investimenti previsti dal Pnrr.