Governo, Visco: "Il destino dell'Italia è quello dell'Europa"

Il governatore della Banca d'Italia: "No a scorciatoie sul debito e sui conti pubblici, importante preservare la credibilità del Paese". Sul calo dei mercati: "Senza giustificazioni, è solo emotivo"

Ignazio Visco (Ansa)

Ignazio Visco (Ansa)

Roma, 29 maggio 2018 - Tutela del risparmio, equilibrio dei conti, rispetto dei Trattati. Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, fissa i paletti irrinunciabili per un Paese che “sta laboriosamente venendo fuori dalla crisi”, ma sul quale si addensano nubi. Lo fa dopo un burrascoso rinnovo sulla poltrona di Via Nazionale, la commissione di inchiesta sulle banche, e nel pieno di una virulenta crisi istituzionale e politica. I mercati ci guardano, lo spread ha toccato quota 320 punti in mattinata - “non ci sono giustificazioni, se non emotive, per quello che sta succedendo oggi sui mercati” dice Visco -, e le banche sono tornate nel mirino della speculazione. E allora Visco ricorda a tutti “la delicatezza e la straordinarietà del momento” auspicando che “siano definiti con chiarezza e lungimiranza gli obiettivi e i progetti delle diverse forze politiche” ma “non sarebbe saggio ignorare le compatibilità finanziarie”. Il “rischio gravissimo” è quello “di disperdere in poco tempo e con poche mosse il bene insostituibile della fiducia”. La fiducia nel nostro Paese che - stoccata in primis ai tedeschi - “aldilà di meschine e equilibrate valutazioni” è “grande sul piano economico e su quello civile”. Ma anche - asse con la scelta del presidente della Repubblica Mattarella - “la fiducia del nostro risparmio, fondata sulla capacità di superare gli squilibri finanziari, economici e sociali”.

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Il destino dell'Italia, chiarisce Visco, “è quello dell'Europa” per questo “è importante che la nostra voce sia autorevole nei contesti dove si deciderà il futuro dell'Unione europea” dove, certamente, “bisogna rivedere gli strumenti esistenti e crearne di nuovi”. Non c'è solo la crisi politica nostrana, i rischi arrivano anche da fuori: “il cambiamenti tecnologico, le tendenze demografiche e migratorie, le potenziali guerre commerciali”. Ma il momento “non è sfavorevole” per continuare “con equilibrio e pazienza” a ridurre il debito pubblico perché “se il settore pubblico si limitasse a fare nuovo debiti senza orientare in favore dello sviluppo la composizione del suo bilancio” le conseguenze “sarebbero gravi”. La stabilità e la fiducia sono, dunque, fondamentali per un Paese indebitato al 132% del Pil e con circa 400 miliardi all'anno da rifinanziare. Soprattutto in vista della fine del 'Quantitative Easing' della Bce, la cui riduzione “finora è avvenuta senza suscitare tensioni sui mercati finanziari”.

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Qualche segnale positivo, però, c'è. L'economia italiana “si è irrobustita” con una crescita lo scorso anno dell'1,5%. I consumi sono aumentati e, soprattutto, gli investimenti sono cresciuti del 3,8% con le esportazioni a fare da fattore trainante, mentre le imprese sono migliorate anche sotto il profilo dell'innovazione. Ma resta il fatto che l'economia italiana è “inferiore a quella media dell'aria e la produttività del lavoro è insufficiente”, quest'ultimo è addirittura la metà della media Ue. Pesa “l'elevata disoccupazione in particolare nel Mezzogiorno e tra i giovani” mentre la lunga crisi "ha accentuato il divario sociale”, con un numero raddoppiato di famiglie in povertà assoluta in 10 anni.

Non parla di vigilanza Visco, ma sottolinea che nel 2017 le banche hanno rafforzato il patrimonio di 23 miliardi e ridotto l'esposizione verso il settore pubblico così come i crediti deteriorati (11% di incidenza in termini lordi è 5,9% netti). “Non mettere a repentaglio la stabilità finanziaria” e “consapevolezza dei vincoli di bilancio” sono un dovere anche per il lascito alle future generazioni. Il momento è cruciale: o si va avanti o si rischia di tornare indietro, è il senso delle parole del Governatore. “Sta a noi”, è l'appello finale.