Martedì 23 Aprile 2024

Gli investitori immobiliari puntano sull’alberghiero

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Un’occasione perduta. Ma non per sempre. Da possibile ‘petrolio nazionale’ all’imminente sorpasso della Turchia, il turismo italiano dal dopoguerra in poi ha perso la leadership mondiale per numero di arrivi, anche se restano immutati il fascino della storia e le meraviglie paesaggistico-architettoniche del Belpaese. Oggi l’Italia è al terzo posto nel mondo per numero di stanze d’hotel, dopo Stati Uniti e Cina: un milione di camere, che sommate all’extra alberghiero, come ad esempio i B&B, fanno 4 milioni. Accanto ai 33.199 alberghi si contano 30.834 B&B, 73mila alloggi in affitto, 18.525 agriturismi e 2.708 campeggi. Il settore ha oltre un milione di dipendenti e pesa per il 10% sul Pil nazionale.

Numeri importanti, anche se il confronto con il passato lascia l’amaro in bocca. Nel 1950, infatti, il 19% dei turisti stranieri sceglieva il nostro paese, mentre oggi sono solo il 4,4%; nel 1970 eravamo il primo paese per numero di arrivi, ora siamo scesi al quinto posto e stiamo per essere superati dalla Turchia; in 10 anni siamo caduti dal primo al 18esimo posto nella classifica del Country Brand Index. Nel 1950 si contavano nel mondo 25 milioni di turisti, vent’ anni dopo erano 266 milioni, nel 1990 435 milioni, oggi abbiamo superato il miliardo. I cinesi che si sono recati all’estero sono passati da 46 milioni nel 2008 a 162 milioni nel 2018. Un trend che tuttavia, secondo Teamwork (una delle più importanti società di consulenza nel settore) noi italiani non stiamo cavalcando: l’Italia non ha una sola catena alberghiera di livello internazionale. Spesso gli albergatori non hanno compreso le potenzialità di sviluppo del mercato e non hanno investito, anzi in molti casi hanno preferito vendere.

Proprio di investimenti nel real estate alberghiero e di buone pratiche nel nostro Paese si è parlato al Palacongressi di Rimini, in occasione di ITHIC (Italian Hospitality Investment Conference) organizzata da Teamwork: con cinque sessioni di discussione e oltre 30 relatori internazionali e nazionali, la conferenza ha affrontato i temi dello sviluppo del settore alberghiero, l’evoluzione dei contratti di management e di locazione; le attese ed aspettative degli investitori, le formule, i mercati e le opportunità per nuovi modelli ibridi e multi-use.

Accanto ai classici hotel, si affacciano anche in Italia formule ibride come student hotel, hotel-hostels, branded and serviced villas, fino ai ‘condo-hotel’ che vedono un nuovo slancio dopo l’approvazione dalla legge nazionale del 2018 che ha ufficializzato il modello. E i big player sono già in movimento. La prima catena al mondo, Marriott, ha 30 brand per soddisfare ogni esigenza del mercato e con la nuova nata, Moxy, sta realizzando hotel per la generazione Z, i post millennials, strutture minimaliste ma confortevoli con open space trasformabili a seconda delle esigenze, una sorta di ‘formula Ikea’ adattata agli alberghi.

Anche per questo gli investimenti immobiliari nel settore alberghiero tornano a crescere, spinti dalla evidente crescita dei fondamentali del settore (Europa: +4% arrivi internazionali nel primo trimestre del 2019, fonte UNWTO) e dalla minore redditività di asset class alternative (logistica, uffici, direzionale). Così sull’alberghiero si concentrano attese di rendimento generalmente superiori al 5%.

Un trend positivo che interessa anche l’Italia, destinazione su cui oggi puntano fondi internazionali e brand del lusso e che secondo diversi analisti spingerà le transazioni alberghiere oltre 3.5 miliardi di euro entro la fine del 2019. Il nostro Paese – meta turistica per eccellenza, è sotto i riflettori: torna ad essere attraente per i grandi investitori – che cercano sia trophy asset che grandi resort ‘Sun & Beach’ - e smuove il settore degli operatori di catena Italiani, che stanno consolidando le proprie gestioni e si aprono alla crescita su tutti i segmenti di offerta.

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