Giovedì 18 Aprile 2024

Giornata mondiale dell'acqua, la mappa mondiale dell'emergenza idrica

Oggi quasi 2 miliardi di persone sono a corto di acqua da bere e in base alle stime nel 2050 saranno 4 miliardi. In Italia allarme 'rubinetti asciutti' per 3,5 milioni di italiani

Milano, 21 marzo 2023 - E' primavera, la stagione in cui fiumi e laghi si gonfiano dell'acqua che scende dalle montagne, ma quest'anno la magia non si compie. Sulle Alpi mancano i due terzi della neve, i ghiacciai sono ridotti ai minimi termini, il Po è in secca come in piena estate e il livello dei grandi laghi del Nord Italia è talmente basso da rendere le isole raggiungibili a piedi. Le immagini che arrivano dalle campagne italiane lasciano prevedere un'estate da incubo: "Sarà peggiore di quella dell'anno scorso", dicono gli esperti. Ne abbiamo i primi sentori: il Po a Torino ha una portata inferiore del 35 per cento rispetto ai livelli già bassi del 2022; autobotti portano l’acqua potabile nei paesi montani del Cuneese e del Verbano e c’è chi lancia l’allarme "rubinetti asciutti" per 3,5 milioni di italiani. La siccità italiana è lo specchio di una carenza globale dovuta all'emergenza climatica, di cui stiamo sperimentando solo le prime conseguenze. Con l'aumento delle temperature, la situazione è destinata a peggiorare e in molte zone del mondo, dalla California all'Australia, già da tempo si contano i morti negli incendi e le persone costrette a lasciare le loro terre, ormai diventate inabitabili.

L'isola dei Conigli sul lago di Garda si raggiunge a piedi (Ansa)
L'isola dei Conigli sul lago di Garda si raggiunge a piedi (Ansa)

In occasione della giornata mondiale dell’acqua, che ricorre il 22 marzo, vale la pena di ricordare che già oggi quasi 2 miliardi di persone, un quarto della popolazione mondiale, sono a corto di acqua da bere e nel 2050 saranno 4 miliardi, quasi la metà, in base alle stime della Banca Mondiale. Molte zone del Corno d’Africa stanno affrontando il sesto anno consecutivo quasi senza pioggia: il segretario dell’Onu Antonio Guterres ha annunciato che nella sola Somalia 8,7 milioni di persone hanno bisogno di assistenza immediata e buona parte di loro ha deciso di emigrare per sopravvivere. Anche vaste zone del Sudamerica fanno i conti con una siccità come non si vedeva da almeno 60 anni. Particolarmente colpito il “granaio” del mondo in Argentina: qui le stime dicono che si rischia di perdere tra il 40 e il 50% dei raccolti di grano e soia, equivalenti a un danno tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari. In Europa i primi tagli ai consumi sono scattati in Francia, dove alcuni distretti fanno i conti con l’erogazione idrica a singhiozzo tra i Pirenei Orientali e le Bouches du Rhone. In Germania la navigazione sul Reno ha già subito limitazioni alle imbarcazioni che pescano troppo e rischiano di restare incagliate per il bassissimo livello del fiume.

I dati presenti nel Libro Bianco 2023 “Valore Acqua per l’Italia” curato da The European House - Ambrosetti, integrati con le evidenze del Blue Book 2023 di Utilitalia, confermano che l’Italia, con oltre 9 miliardi di metri cubi l’anno, è il primo Paese dell’Unione Europea per acqua prelevata ad uso civile. La media italiana del consumo potabile raggiunge i 154 metri cubi per abitante. Solo la Grecia, con 157 metri cubi per abitante, ci batte. Se consideriamo i consumi idrici a uso civile gli italiani non hanno rivali tra i Paesi dell’Unione: 220 litri per abitante al giorno contro una media Ue di 165. Per di più, l’infrastruttura idrica italiana è un colabrodo. La percentuale di perdite idriche in fase di distribuzione raggiunge il 41,2%, collocando il nostro Paese al quart’ultimo posto tra i 27 Paesi UE+UK, mentre il dato relativo alle perdite lineari, pari a 9.072 m3/km/anno, ci colloca all’ultimo posto in Europa. L’Europa ci ricorda inoltre che ci sono nuovi inquinanti emergenti dei quali dobbiamo farci carico: ce lo ricordano la recente direttiva sulle acque potabili, che ci chiama a monitorarne presenza e concentrazioni e la nuova proposta di direttiva acque reflue, che chiede di rimuovere microplastiche e farmaci nei depuratori, prevedendo trattamenti più incisivi per assicurare che l’acqua reimmessa nell’ambiente non danneggi gli ecosistemi. L’asticella si alza ancora con la seconda direttiva che chiede alla depurazione di raggiungere l’autosufficienza energetica, cioè di contribuire con la produzione di energia rinnovabile alla decarbonizzazione.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha stanziato risorse per circa 4 miliardi di euro per interventi volti a ridurre le perdite idriche, digitalizzare le reti, realizzare nuovi invasi, ma per affrontare il problema delle carenze idriche italiane non è sufficiente occuparsi degli usi civili, che assorbono meno di un terzo dei prelievi complessivi. L’agricoltura assorbe circa il 50 per cento dell’acqua dolce prelevata dall’ambiente. Dunque, ogni iniziativa di adattamento e mitigazione non può prescindere da un ripensamento sulle colture nel nostro paese. Possiamo ancora permetterci varietà o colture a elevato fabbisogno di acqua? Se non vogliamo rinunciarvi, ci sono esperienze, come quella israeliana, che ci indicano una via maestra: il riuso dell’acqua depurata in agricoltura, in particolare per le colture maggiormente idro-esigenti. Il potenziale anche qui sarebbe elevato, ma in Italia c’è ancora molta diffidenza, dettata sia dal timore di come potrebbe essere accolta dal consumatore una scelta di questo tipo, sia dal fatto che l’acqua utilizzata in agricoltura è oggi prelevata dall’ambiente in modo spesso non regolamentato e, soprattutto, a costi nulli o irrisori. Arera nella sua relazione annuale ci ricorda che riutilizziamo solo il 4 per cento dell’acqua depurata. Un recente studio Enea ha misurato che con il riuso potremmo soddisfare fino al 70 per cento del fabbisogno di acqua in agricoltura di una regione come l’Emilia-Romagna, riducendo del 30 per cento i costi per i concimi.

Un primo passo verso l'economia circolare dell'acqua è stato già compiuto, nell'ambito del Circular Economy Action Plan varato da Bruxelles due anni fa. L'obbligo di depurare tutte le acque reflue urbane e di riutilizzarle completamente in agricoltura, infatti, è già in vigore dal 13 maggio 2020 sul territorio dell'Ue e l'Italia sarà passibile di sanzioni se non recepirà la nuova normativa di qui a un anno, entro il 26 giugno 2023.

A parte le carenze normative, resta il fatto che il nostro Paese è molto indietro su questo punto. Dalla mappa interattiva del Water Information System for Europe – water.europa.eu/freshwater, dove sono pubblicati i dati sui progressi di ciascun Paese verso gli obiettivi di trattamento delle acque reflue, la protezione dei sistemi idrici sensibili, l'utilizzo dei fanghi e le emissioni di gas serra dal settore – risulta che nei 27 Paesi Ue si raccoglie in media il 90% delle acque reflue urbane, con quattro Paesi – Austria, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi – che trattano il 100% delle proprie acque reflue in conformità ai requisiti della direttiva, mentre altri 10 Paesi hanno raggiunto un tasso di conformità superiore al 90%. All'altra estremità della scala ci sono cinque Paesi – Irlanda, Bulgaria, Romania, Ungheria e Malta – che rispettano gli standard in meno della metà delle loro aree urbane. Per quanto riguarda l'Italia, solo il 56% delle acque reflue risulta trattato in conformità con la direttiva, contro una media Ue dell'82%.  

 

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