Martedì 23 Aprile 2024

Gioielli e preziosi conquistano il Dragone A Vicenza Oro brilla la scuola italiana

Fino al 22 gennaio, il salone più importante del settore a livello globale

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L’oro e i preziosi stanno tornando ad essere beni rifugio. Il motivo? L’instabilità internazionale. Le nuove tensioni in Medio Oriente, con l’attacco americano all’Iran, grande acquirente di beni preziosi, tra l’altro, ma anche il nuovo assetto di Hong Kong, depotenziato rispetto a soli pochi mesi fa, cambiano le carte in tavola anche italiane per il settore. Se ne parla a Vicenza Oro, fino al 22 gennaio, dove, nei padiglioni della fiera di Vicenza, ora IEG, è di scena il salone orafo più importante nel panorama globale.

L’appuntamento di gennaio è quello nel quale si scoprono i trend di un settore che si è lasciato alle spalle la grande crisi del 2009 e che ora, con Hong Kong più debole rispetto ad un tempo, guarda direttamente alla Cina. È questo quanto spiega Marco Carniello (nella foto a destra), direttore della divisione Jewellery & Fashion di Italian Exhibition Group, società fieristica nata dall’integrazione tra Rimini Fiera e Fiera di Vicenza. «Negli ultimi 10 anni – racconta Carniello – Hong Kong ha triplicato l’import di gioielleria italiana fino al picco del 2017 di quasi 720 milioni di euro all’anno, mantenendo sempre i primissimi posti tra i paesi di destinazione. Questo era ed è in gran parte dovuto al fatto che l’hub di Hong Kong godeva e gode di dazi zero in entrata rispetto al 20% di quelli previsti per esportare in Cina. Però già dal luglio 2018, con la sensibile riduzione dei dazi cinesi al 10% e dell’IVA dal 16% al 13%, è del tutto evidente come la situazione stia cambiando, alimentata oltretutto dagli eventi socio-politici di Hong Kong degli ultimi mesi e che si debba quindi riorientare l’approccio del Paese verso la Cina».

Oggi i rapporti, un tempo mediati da Hong Kong, sarebbero diretti. A Vicenza Oro sono infatti attesi molti buyer cinesi di primissimo piano. Negli ultimi nove mesi del 2019 inoltre c’è stata una prima inversione di rotta, con un +42 di import di gioielli made in Italy dalla Cina. Il dato non stupisce. Anzi. In un recente studio della Bains & Company i trend del lusso appaiono chiari. Nel 2025, fatto 100 il settore del gioiello e dell’oro, il 46% sarà comprato dalla Cina. D’altra parte, già oggi la Cina acquista il 32% dei beni del lusso (oltre ai gioielli, anche moda e design del mobile) del mondo.

«Naturalmente la Cina – prosegue Carniello – è, assieme all’India, uno dei grandi produttori di gioielli e preziosi. Ma l’interesse per l’Italia è comunque enorme. Noi abbiamo il design e i marchi più importanti». L’artigianato tipico italiano piace non solo in Cina, ma anche in nord America. È ancora Carniello a confermare un trend interessante. «Il Canada ha aumentato il proprio import di preziosi dall’Italia del 50%, grazie ad una intelligente politica di dazi».

Le tensioni internazionali insomma pesano sui preziosi, ma in termini, per una volta, positivi per il nostro Paese. L’Italia è oggi il terzo produttore di oro e di gioielli, dopo, appunto Cina e India. L’export complessivo del settore pesa poco in termini di prodotto interno lordo, essendo appena il 2%, con 7 miliardi di euro di valore, ma molto in termini di brand e di reputazione.

L’Italia inoltre è leader nella produzione di macchine impiegate nell’industrializzazione del settore. Sono italiana per esempio quelle che producono catenine in oro, quasi in tutto il mondo, compresa la Cina. Per questo, anche, Vicenza Oro è sempre più importante. «Qui – conclude Carniello – puntiamo sull’informazione e sulla formazione non solo e non tanto dei grandi brand, ma delle piccole e medie imprese». Sono poco più di 8mila quelle operanti in Italia, con circa 30mila impiegati. Si tratta di artigiani di altissima qualità e maestri orafi riconosciuti nel mondo per la loro bravura e creatività. La scuola italiana è ancora fra le più apprezzate al mondo.

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