Mercoledì 18 Giugno 2025
CLAUDIA MARIN
Economia

Donne e lavoro, la radiografia degli svantaggi strutturali del Cnel

Circa una donna su 5 lascia il lavoro per la mancanza di una rete di servizi adeguata per la prima infanzia. Metà dell’occupazione femminile si concentra in appena 21 professioni

Una segretaria in un'immagine d'archivio

Una segretaria in un'immagine d'archivio

Roma, 21 maggio 2025 – E’ una radiografia del lavoro femminile uno dei piatti forti della guida del Cnel ‘Il lavoro che cambia. A 55 anni dallo Statuto dei lavoratori’. Ed è un piatto forte firmato da Linda Laura Sabbadini, una delle principali studiose delle statistiche e della condizione del lavoro femminile in Italia. In primo piano per le donne si devono registrare svantaggi strutturali. Circa una donna su cinque lascia il lavoro. Difficile che avvenga per scelta. La mancanza di una rete di servizi adeguata per la prima infanzia (i bimbi che vanno al nido sono il 30%) e di politiche coraggiose che permettano una vera condivisione dei carichi di cura crea le condizioni per questa criticità. E così – spiega la studiosa - le madri si trovano a pagare un prezzo più alto dei padri in termini lavorativi. L’interruzione del percorso lavorativo provoca maggiori difficoltà a riprenderlo successivamente e, quindi, ritardi nei percorsi di carriera. Tutto ciò definisce una traiettoria di svantaggio strutturale che difficilmente si recupera nel percorso lavorativo. Eppure, questa situazione non è inevitabile. Dipende dalle politiche che vengono adottate. Dipende dalla volontà di cambiare l’attuale modello. Solo che le politiche di conciliazione e condivisione delle responsabilità genitoriali in Italia sono state troppo deboli e frammentate. Ciò ha impedito, nel tempo, la creazione di quel circolo virtuoso in cui le donne possano essere alleggerite dal carico familiare e realizzarsi su tutti i piani, gli uomini possano sperimentare una paternità piena e i bambini godere della presenza e della cura di entrambi i genitori. Il congedo obbligatorio di paternità è ancora di 10 giorni e non paritario. Per di più, solo il 64% degli uomini lo utilizza. E quando si guarda ai congedi parentali, la sproporzione è molto evidente: la stragrande maggioranza delle giornate nell’anno continua a essere fruita dalle donne (80%). Ma c’è anche un dato che riguarda la concentrazione dell’occupazione femminile in ambiti ristretti. Metà dell’occupazione femminile si concentra in appena 21 professioni, contro le 53 in cui si distribuisce l’occupazione maschile. È un dato che, da solo, racconta l’entità del problema. Le professioni femminili più frequenti – puntualizza la Sabbadini – sono ancora oggi quelle di segretaria, commessa, badante, colf, infermiera, maestra. Nell’ambito impiegatizio, dominano i ruoli di addetta alla segreteria e alla contabilità. Il problema non solo persiste, ma si aggrava. Tra il 2008 e il 2023, si segnala un peggioramento della segregazione orizzontale: le donne sono oggi ancora più concentrate in ruoli già fortemente femminilizzati. Le donne – insiste la studiosa - restano escluse in maggioranza dai luoghi del potere, nonostante le competenze, nonostante le leggi. Solo un terzo dei parlamentari italiani è donna, in linea con la media Ue, ma lontanissimo dai Paesi nordici, dove l’equilibrio è pressoché raggiunto. Nel mondo delle imprese, le luci sono ancora più fioche. È vero che, grazie alle norme sulle quote di genere, dovute alla legge Golfo-Mosca, oggi il 43,1% dei membri dei consigli di amministrazione delle società quotate è donna. Ma nel 2024, solo il 2,9% degli amministratori delegati è donna. Una cifra che ci colloca tra i fanalini di coda in Europa.