Gas, Italia ancora in ostaggio di Putin: l’autonomia è un miraggio

Siamo tra i Paesi che spendono di più. Mosca: "Dipenderete da noi fino al 2027". Un istituto finlandese: l’export russo di combustibili fossili supera i costi bellici

I dati delle esportazioni del gas russo

I dati delle esportazioni del gas russo

7 settembre 2022 - Sei mesi di guerra all’Ucraina sono costati 100 miliardi di euro alla Russia. Ma, nonostante le sanzioni che pure hanno messo in ginocchio l’economia interna della Federazione (e probabilmente scontentato più d’uno nella cerchia putiniana), negli stessi sei mesi i guadagni complessivi ottenuti da Mosca dalle esportazioni di petrolio, gas e carbone hanno raggiunto i 158 miliardi. Esportazioni chiaramente dirette a tutto il mondo ma soprattutto a una Unione europea che con 85 miliardi è il primo contributore.

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Bisogna partire da questi numeri, diffusi dal finlandese Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), per dare un volto concreto alla nostra dipendenza energetica. Nostra, perché di quegli 85 miliardi europei un decimo sono italiani. Solo Germania e Paesi Bassi hanno aperto ancora di più i portafogli (19 e 11, rispettivamente). Davanti a queste cifre – peraltro ingigantite dalla spirale impazzita dei prezzi – e alla presentazione in contemporanea del piano del ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, è inevitabile chiedersi se e quanto l’Italia sia davvero in grado di affrancarsi dalla dipendenza dalle risorse russe.

Al di là delle provocazioni politiche, Mosca sostiene che l’Europa non sarà in grado di fare a meno del gas russo almeno fino al 2027. Altri cinque anni di dipendenza? Il ministro per l’Energia Nikolay Shulginov non ha dubbi: "L’Europa non può fare affidamento su nessuno tranne che sugli Usa che stanno aumentando la produzione di gas naturale liquefatto (Gnl)". Nonostante Washington abbia annunciato nei mesi scorsi di voler lavorare con i suoi (non meglio precisati) "partner internazionali" per fornire 15 miliardi di metri cubi di Gnl all’Ue nel 2022, per ragioni logistiche e di mercato è al momento improbabile che gli Usa possano interamente sostituire la Russia come fornitore di gas. Agli americani risulta più conveniente far viaggiare le navi cariche di Gnl nel Pacifico, mentre i loro partner dell’area, come il Giappone, difficilmente rinuncerebbero a soddisfare i propri fabbisogni interni per condividere il gas con i lontani alleati europei.

Anche per questo Shulginov aggiunge minaccioso: "Penso che il prossimo inverno dimostrerà quanto sia reale o meno la fiducia degli europei nella possibilità di rifiutare il gas russo. Farlo porterà all’arresto della loro industria e della loro produzione di energia elettrica tramite gas. Sarà una vita totalmente nuova per gli europei: assolutamente insostenibile per loro".

Per rendere sostenibile l’inverno sarà allora sufficiente il piano Cingolani di riduzione dei consumi? Secondo l’economista Alberto Clò il piano è ben strutturato e complessivamente in linea con le indicazioni europee: "Sul lato dell’offerta è stata già dimezzata la dipendenza dalla Russia e per quanto riguarda le rinnovabili, anche se dal 2023, è previsto un balzo della produzione. Certo, sarà necessario rimuovere gli ostacoli burocratici". Ostacoli che, per esempio, tengono bloccati ben 17 Terawattora di energia di Stato da fonti rinnovabili, un quarto del nostro fabbisogno industriale: manca un decreto attuativo che definisca le priorità di accesso al tesoretto.

Ma nel piano del ministero una componente importante è quella che riguarda la domanda di energia. La parola-chiave è volontarietà. Continua Clò: "Per quanto riguarda le imprese, si spera che non si trovino nella necessità di ridurre i cicli produttivi". Ma con i prezzi troppo alti la riduzione dei consumi diventa quasi ineludibile, a partire dal grado in meno sui termosifoni, accesi per quindici giorni in meno rispetto ad adesso. Sulla volontarietà, nota ancora l’economista, però è tutta questione di controlli. Chi li farà? E come? Difficile dare una risposta. Com’è difficile, conclude Clò, fare i conti senza avere un’idea di quanto gas potrà arrivare ancora dalla Russia.

Ridurre i consumi, razionarli, rischia di essere l’anticamera dell’austerity. Ma secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, non è la soluzione. "È solo una delle soluzioni, l’ultima strada", precisa. Tuttavia, non essendo sufficienti i risparmi del piano Cingolani, avverte Tabarelli, "è altamente probabile che in inverno dovremo fare altri tagli alla domanda". Che cos’altro si può fare? "I rigassificatori. Le rinnovabili. Spingere le centrali a carbone al massimo. E sperare che la Francia non tagli le forniture". Ma, di questo passo, l’indipendenza energetica appare lontana.