Gas russo pagato in rubli: cosa rischiano Putin, l'Italia e l'Europa

Ecco perché il presidente russo ha minacciato di chiudere i rubinetti se non verrà usata la valuta della Federazione

Il presidente Vladimir Putin

Il presidente Vladimir Putin

Roma, 31 marzo 2022 - Il balletto sul pagamento del gas russo in rubli è più frenetico del kazachok, la danza tradizionale cosacca dove capriole e ruzzoloni la fanno da padrone. Pochi giorni fa il presidente Vladimir Putin aveva preteso il pagamento delle forniture nella valuta della Federazione, pena la chiusura dei rubinetti, e aveva dato una settimana di tempo alla Banca centrale per mettere a punto i meccanismi necessari. Il 30 marzo il portavoce del Cremlino aveva precisato che le transazioni potevano comunque continuare a essere onorate in euro o dollari. Oggi lo zar ha annunciato che dal primo aprile sarà invece obbligatorio pagare in rubli, anche se la Commissione governativa per il controllo degli investimenti esteri potrà rilasciare autorizzazioni per procedere con altre valute. Ma cosa può succedere da domani? Cosa rischia l’Europa e cosa si sta giocando la Russia?

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Lo scenario

Da domani gli Stati ostili alla Russia (quelli inseriti nella blacklist del Cremlino, tra cui l’Italia) dovranno aprire un conto Gazprombank, uno degli istituti che non è stato tagliato fuori dallo Swift, che avrà due portafogli: uno per le valute straniere e uno per i rubli. La banca preleverà i fondi depositati in euro e dollari, li trasformerà in rubli al Moscow Exchange e trasferirà la valuta russa nel conto degli acquirenti, che a questo punto potranno procedere con il pagamento delle forniture di gas. La mossa del Cremlino ha due obiettivi: sostenere la valuta nazionale e alzare ancora di più il prezzo del metano, il tesoretto con cui la Federazione sta di fatto finanziando l’invasione dell’Ucraina. Attualmente (l’ultimo dato risale al 27 gennaio) il 58% delle vendite di Gazprom avviene in euro, il 39% in dollari e il 3% in sterline.

Cosa rischia Putin

Nonostante l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni, la Russia ha continuato a vendere gas e petrolio per circa un miliardo di dollari al giorno. Se il Cremlino insisterà nel farsi pagare in rubli, si potrebbe verificare una violazione dei contratti stipulati, che potrebbero essere impugnati. La Germania e l’Austria hanno già detto di essere pronte a razionare le forniture, una mossa che potrebbe negare importanti risorse alla Russia. Va precisato che già oggi Gazprom è obbligata a versare l’80% dei proventi in valuta estera alla Banca centrale russa, che ovviamente li trasforma in rubli. Quindi la decisione di Putin di fatto peserebbe solo per il 20%, uno spicchio che molti economisti giudicano poco influente sulle fluttuazioni della valuta russa. Paradossalmente, anche se la rinuncia totale e improvvisa da parte dell’Europa al gas della Federazione è uno scenario praticamente impossibile, lo zar sta mettendo in gioco i quattro quinti delle vendite che realizza ogni giorno per garantire che il 100% del suo metano venga pagato in rubli. Molti in realtà vedono nel complicato schema messo a punto dal Cremlino un tentativo di blindare Gazprom da eventuali nuove sanzioni.

Cosa rischiano Italia ed Europa

La mossa di Mosca è stata interpretata da diversi analisti anche come un chiaro messaggio all’Europa: finché pagherete, il gas continuerà ad arrivare. Ovviamente la Russia ha tutto l’interesse a far salire il prezzo del metano per realizzare ancora più profitti. L’Italia, così come gli altri Stati della Ue, difficilmente sarebbe in grado di rinunciare da un giorno all’altro al gas della Federazione. Quello che rischiamo, concretamente, è di doverlo pagare ancora di più.