Bruxelles vuole fare a meno del gas russo. E Biden minaccia l’embargo al petrolio

Il Cremlino: "Conseguenze catastrofiche" . Il piano europeo: tetto ai prezzi, spinta a fonti energetiche rinnovabili e all’utilizzo di Gnl

Un uomo e un bimbo in fuga dalla città di Irpin, a Ovest di Kiev

Un uomo e un bimbo in fuga dalla città di Irpin, a Ovest di Kiev

L’Ue punta a ridurre dell’80% già entro quest’anno la sua dipendenza dal gas russo. È uno dei principali obiettivi a cui mira l’Energy Compact della Commissione europea. Un piano che vuole anche dare una boccata d’ossigeno a cittadini e imprese schiacciati dal caro prezzi esasperato dalla guerra in Ucraina.

COME AGIRÀ BRUXELLES

Le linee direttrici su cui si muove il piano: un tetto ai prezzi del gas, spinta alle rinnovabili, maggiori importazioni di gas liquido (gnl), potenziamento dei flussi provenienti da gasdotti alternativi, quote minime per gli stock nazionali per il gas, più flessibilità sugli aiuti di Stato. "Per sei mesi, circa la metà del gas importato dalla Russia sarà sostituita da altre fonti", promette il ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani. E il vicepresidente Ue, Valdis Dombrovskis, ha evocato la strategia dello "zero import" dalla Russia.

Ma c’è di più: Bruxelles ha deciso di imboccare la strada che porta a quella riforma del mercato elettrico chiesta a gran voce già nel novembre scorso da Italia, Spagna, e Francia. E l’idea di un fondo di compensazione in stile Recovery: planerà sul tavolo dei capi di Stato e di governo Ue giovedì e venerdì a Versailles. Sono i primi passi di un’Europa dell’energia che ancora manca e che l’offensiva di Mosca in Ucraina ha reso più urgente.

GAS RUSSO IN EUROPA

Se si ipotizza un prezzo medio del gas di 125 euro a megawattora (adesso è a 270), nel 2022 l’Europa verserebbe a Mosca circa 200 miliardi di euro, attraverso due banche controllate dal Cremlino che non sono state ancora incluse nelle sanzioni: Sberbank e Gazprombank. Questi due istituti continuano così ad avere forti afflussi di moneta forte liberamente utilizzabile, a differenza di quella bloccata nelle riserve della banca centrale. La vendita degli idrocarburi ai prezzi altissimi di oggi è dunque il canale che sta sostenendo lo sforzo di guerra di Putin, a colpi di 7-800 milioni di euro al giorno. Questo stato di cose di fatto nega l’efficacia delle sanzioni decise fin qui.

PETROLIO RUSSO IN UE

Poi c’è il nodo petrolio. L’Europa è di gran lunga la prima cliente del greggio russo, dato che compra più di metà dell’export totale. Un embargo occidentale sul petrolio russo (di cui l’Europa nel 2020 ha comprato 138 milioni di tonnellate e gli Stati Uniti meno di 4) costerebbe al bilancio di Mosca entrate per almeno 90 miliardi di dollari quest’anno.

LA GUERRA DEL GREGGIO

Ma questo embargo è davvero possibile? Ieri il taglio delle forniture dalla Russia è stato evocato dalla Casa Bianca, addirittura anche in solitaria, senza che gli alleati predispongano la stessa misura. Però poi il presidente Joe Biden ha detto di "non aver ancora alcuna decisione in merito". Tra le prime indiscrezioni e la posizione ufficiale, l’ira del Cremlino, che ha fatto sapere come l’esclusione del petrolio russo dai mercati internazionali porterebbe a "conseguenze catastrofiche", causando un balzo dei prezzi fino a 300 dollari al barile.

L’ITALIA PUÒ REGGERE?

Da qui all’estate l’Italia e l’Europa hanno abbastanza gas nei depositi di stoccaggio. La capacità complessiva di stoccaggio in Italia arriva a quasi 18 miliardi di metri cubi, pari a oltre metà delle importazioni russe medie annuali degli ultimi 5 anni. Ma gli stoccaggi vanno riempiti nei mesi estivi per far fronte alla stagione fredda del prossimo autunno. È su questo orizzonte che si sta lavorando per trovare delle alternative al gas russo. Tra le alternative, i gasdotti da Olanda, Algeria e Libia, largamente sottoutilizzati (16%, 24% e 45%, secondo i dati dell’Authority per l’energia), con la capacità di oltre 100 miliardi di metri cubi, cui vanno aggiunti i 10 miliardi di metri cubi in arrivo dall’Azerbaijan col Tap, da poco operativo in Puglia. Il gnl – il cui prezzo è aumentato molto negli ultimi tempi – può arrivare via nave, ma servono i rigassificatori: i tre impianti italiani (Rovigo, Livorno e Panigaglia) hanno un margine di aumento di circa il 20% rispetto al 2020 e una capacità aggregata annuale disponibile di circa 20 miliardi di metri cubi.