Gas e metano, Italia ora è esportatore. Cosa cambia?

Crescono stoccaggi ed esportazioni. Ma servirà risparmiare se la Russia chiuderà i rubinetti

Si sta verificando uno scenario improbabile fino a qualche mese fa: l’Italia è diventata un Paese esportatore di gas. Riempiti gli stoccaggi e ridotto di un miliardo di metri cubi il fabbisogno di metano, l’Italia ormai ha un'abbondanza di gas sul suo mercato. Lo rileva il censimento mensile che il ministero della Transizione ecologica ha aggiornato fino al 31 di agosto. Nei primi otto mesi dell’anno l’Italia ha esportato 2,33 miliardi di metri cubi di gas, +238% rispetto ai 689 milioni di metri cubi esportati nei primi otto mesi del 2021. Si tratta di una quota non trascurabile, su un consumo annuale complessivo di circa 75 miliardi di metri cubi. Come mai l’Italia è diventata esportatrice?

Le cause

In questo momento c’è grande abbondanza di gas e ne viene utilizzato poco. Le cause sono molteplici. Gli stoccaggi (il cui riempimento aveva fatto salire i prezzi europei durante l'estate) sono pieni per il 90%. Il gas russo è stato sostituito per due terzi da gas algerino e da fornitori come Norvegia e Azerbajian (il gasdotto Tap che attraversa l'Adriatico salirà a 9,5 miliardi di metri cubi a fine anno contro i 7,5 del 2021). A contribuire c’è anche l’aumento della capacità dei rigassificatori di Livorno, Porto Viro (Rovigo) e Panigaglia (La Spezia), che ha contestualmente permesso di aumentare, anche se solo in piccola misura, le importazioni di gas naturale liquefatto via nave. Inoltre, le temperature si mantengono sopra la media, ma sono stati spenti i condizionatori. Infine, sono scattati i piani di risparmio nelle imprese (dalla cassa integrazione ai turni di lavoro), per limitare i costi delle bollette. Di conseguenza, il prezzo del gas sul mercato italiano è sceso molto ed è diventato competitivo rispetto ai prezzi europei. In settembre la tendenza si è ulteriormente accentuata, per cui vedremo un aumento dell'export nei prossimi dati che arriveranno dal ministero.

I prezzi

Negli ultimi giorni di settembre, il prezzo italiano del gas è stato di quasi due terzi inferiore alle quotazioni sul mercato europeo. L’indice Ttf, quotato alla Borsa di Amsterdam e punto di riferimento per gli scambi in Europa, nell'ultima settimana di settembre ha toccato una punta massima di 220 euro al megawattora, mentre in Italia i valori al Punto di scambio virtuale, che fa da riferimento per il mercato nazionale, hanno toccato una punta minima a 80 euro. In buona sostanza, gli operatori avevano molto più interesse a vendere nel resto d’Europa piuttosto che a tenersi il gas o a venderlo in Italia. La differenza di prezzo ha portato gli operatori a importare 25 milioni di metri cubi al giorno al punto d'ingresso di Tarvisio, dove arriva il gas russo, ma ad esportarne al tempo stesso altri 18 milioni. Sono numeri piccoli rispetto alle dimensioni del mercato italiano del gas, ma anticipano un dinamismo interessante che mostrerà nuove sorprese con i dati di settembre e di ottobre, nei quali si è registrato un boom di esportazioni verso l'Austria o verso la Svizzera. Ora, però, i due mercati tendono a riavvicinarsi, con la rapida discesa del prezzo europeo, che ieri ha toccato i 150 euro a megawattora.

Piano risparmi

Nel frattempo è intervenuta l’Agenzia internazionale dell’energia, che ha ammonito sulla fragilità della situazione europea. Secondo l'Aie, le misure per risparmiare gas in Europa saranno cruciali per mantenere le scorte a livelli sufficienti in caso di un taglio totale del gas russo o di un colpo di freddo. Avverte l’agenzia parigina nel suo rapporto trimestrale che "senza una riduzione della domanda di gas e se la fornitura russa fosse interrotta, gli stoccaggi arriverebbero a meno del 20% a febbraio, ipotizzando un livello elevato di fornitura di Gnl, e al 5% in caso di fornitura bassa di Gnl". Una riduzione invernale della domanda europea di circa il 9% "sarebbe necessaria per mantenere i livelli di stock sopra il 25%"; la domanda dovrebbe calare del 13% rispetto a questa media "per mantenere livelli di stoccaggio superiori al 33%". In pratica, se arriveranno delle gelate a marzo rischiamo il razionamento.