Gas e crisi energetica: a rischio un milione di posti di lavoro. "E non è finita qui"

Nel 2022 le domande di cassa integrazione sono salite del 45%. Imprese e sindacati chiedono una ’Cassa gas’ come per il Covid

Roma, 28 agosto 2022 - È una raffica di numeri neri quelli che stanno mettendo in fila le associazioni di categoria e i sindacati dei settori più colpiti dalla devastante impennata dei prezzi del gas e dell’energia che da inizio anno sta martoriando industria e servizi. Cifre che a oggi, tirando le somme, portano a oltre un milione i posti di lavoro a rischio cassa integrazione, per non parlare, se la crisi non dovesse trovare soluzioni, di un successivo pericolo di licenziamento per la chiusura di migliaia di attività produttive. Tant’è che diventa sempre più consistente l’ipotesi di varare una sorta di ’Cassa gas’ eccezionale, com’è stata la ’Cassa Covid’.

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A dare l’idea della mappa del rischio sono i dati di Lavoro & Welfare, il centro studi dell’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Nel report gennaio-luglio 2022 si vede come la cassa integrazione straordinaria abbia avuto un incremento del 45% sull’anno precedente, ma con valori anche più elevati per i comparti produttivi più sotto pressione: più 902% per la trasformazione dei minerali, più 639% per attività connesse con l’agricoltura, più 315% per il legno, più 217% per l’alimentare, più 350% per il tessile, più 344% per pelli e cuoio, più 246% per abbigliamento e più 195% per la metallurgia, mentre per il commercio siamo a più 100%. Con l’autunno e la nuova fiammata del prezzo del gas, non è difficile immaginare come i numeri indicati siano destinati a raddoppiare, con un’estensione del ricorso agli ammortizzatori a nuovi ambiti. Non a caso, spiega Damiano: "La reale prospettiva di imminenti chiusure di impianti energivori, già colpiti in questi mesi, prefigura se non l’interruzione, gravissime difficoltà per vaste catene produttive". Tant’è che – incalza – "serviranno risorse notevoli da impegnare in eventuali ammortizzatori sociali speciali, come fu per la Cassa Covid, per far fronte a un inverno che si annuncia freddissimo per il tessuto produttivo e per lavoratori e famiglie".

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Una previsione che diventa grido di dolore nelle parole di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria: "La cassa straordinaria è salita del 45% e non abbiamo ancora visto il peggio. In autunno arriveranno nuovi rincari energetici, mentre l’inflazione dei mesi scorsi sulle materie prime continuerà a scaricarsi sui prezzi al consumo. Ci saranno seri problemi su redditi e potere d’acquisto delle famiglie". Allarmati e preoccupati dell’impatto sui lavoratori, sugli stipendi ma anche sulla stessa tenuta del posto di lavoro, i sindacati. "Anche l’industria metalmeccanica – insiste Roberto Benaglia, numero uno della Fim-Cisl – è tra i settori più colpiti dai rincari energetici e del gas di questo periodo, soprattutto le filiere della siderurgia, della metallurgia e delle lavorazioni meccaniche, ma anche automotive e impiantistica. Da qui a due mesi, i lavoratori a rischio nei bacini più colpiti potrebbero arrivare a circa 250 mila. Noi chiediamo che i sostegni alle imprese siano condizionati all’impegno di non licenziare nessuno e che, anzi, riparta una sorta di Cassa gas speciale, come per il Covid".

Mette in evidenza il nodo delle filiere Paolo Pirani, leader della Uiltec la categoria dei chimici e tessili (ma anche dell’energia) della Uil: "L’impatto occupazionale negativo della crisi dei prezzi riguarda almeno 100 mila occupati, ma c’è tutto l’effetto a cascata e a catena sull’intero sistema industriale e produttivo. E qui i numeri rischiano di moltiplicarsi notevolmente". Dall’industria al terziario, lo scenario non cambia di molto. Gli esperti di Confcommercio stimano che il caro-energia mette a rischio, da qui ai primi sei mesi del 2023, circa 120mila imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro. Il rischio – avvisa Confartigianato – riguarda 29mila imprese con 462mila addetti nei settori energivori. Ma, se la corsa dei prezzi non si ferma, l’impatto è destinato a espandersi anche a imprese dei settori non energy intensive". Insomma, un vero ’lockdown energetico’, come lo ha definito Marco Granelli, presidente di Confartigianato.