Domenica 15 Settembre 2024
SANDRO NERI
Economia

Gaetano Marzotto, una dinastia e le sue aziende: "Ho cominciato da impiegato. Adesso tocca a figli e nipoti"

Il conte-industriale, quarant’anni nel tessile, nella moda e nei vini, avvia il passaggio generazionale: "La visione di mio nonno attuale anche ora. Sognavo di fare il fotografo, ma c’era l’impresa".

Gaetano Marzotto

Gaetano Marzotto

Milano, 18 settembre 2023 – Nell’agenda, sopra la scrivania, tra gli appuntamenti importanti a breve scadenza c’è il cinquantenario dell’avventura di Ca’ Del Bosco. Ma la sua vita professionale si divide fra i vigneti della Franciacorta e i consigli d’amministrazione delle società Hugo Boss, Zignago Holding e Zignago Vetro. Presidente del Gruppo Vini Santa Margherita, studi al collegio navale Morosini e esperienze dirigenziali nel mondo del tessile, della moda, dell’enogastronomia e del private equity nel campo del made in Italy, il conte Gaetano Marzotto, 70 anni e tre figli, è rimasto fedele al marchio di fabbrica coniato dai suoi illustri antenati. "Dare grande importanza alla visione etica e alla responsabilità sociale della nostra impresa, prestando attenzione alle persone che lavorano per il Gruppo e che abitano i territori in cui siamo presenti", dice. Si chiama sostenibilità ma, in fondo, è la filosofia visionaria che ha portato suo nonno a creare città modello per i suoi dipendenti. "Aveva capito quanto è importante garantire a tutti la possibilità di stare bene. Partendo da un tetto sicuro in un luogo confortevole da abitare".

Cominciamo dal nome: è lo stesso del fondatore delle imprese di famiglia, nell’Ottocento, e di quel Gaetano Junior che cambiò volto al Veneto. Un’eredità pesante?

"Direi uno stimolo a prendere il meglio da chi ti ha insegnato tanto. Con mio nonno io e mio fratello Stefano trascorrevamo tutte le estati, in barca e a visitare le aziende di famiglia. Da lui ho ereditato la passione. Quella che serve per creare valore e condividerlo con i tuoi collaboratori".

Che infanzia è stata la sua?

"Bellissima, fino a 10 anni, quando ho perso mia madre. Ero un grande sportivo. Poi ho dovuto pensare a crescere in fretta: quando perdi la madre da bambino non hai chi ti protegge dagli spigoli della vita".

L’ingresso nell’azienda immagino fosse scontato. Per caso avrebbe voluto fare altro?

"Ero un appassionato di fotografia e avrei voluto, inizialmente, farne un lavoro. Era una passione ereditata da mia madre, che mi aveva insegnato le prime tecniche, perfezionate poi con l’aiuto di un fotografo professionista a Cortina".

E invece?

"Gli zii sono riusciti a farmi incuriosire del lavoro in azienda. Non sono però entrato subito in quelle di famiglia. Dopo la laurea alla Bocconi di Milano ho lavorato alla Olivetti e alla Necchi. E quando sono entrato alla Marzotto l’ho fatto con un contratto da impiegato. Nella contabilità. È stata la mia fortuna".

Per anni, con Marta Marzotto e le sue feste, la vostra famiglia è stata al centro della mondanità. Ricordi di quel periodo?

"Marta, per trent’anni moglie di mio zio Umberto e madrina di mio figlio Giacomo, era una donna piena di vita. Alle feste che organizzava, a Cortina, c’erano i grandi industriali come le celebrità del cinema e dello spettacolo. A lei piaceva che mondi diversi si incontrassero. Sempre gentile, come tutte le persone speciali aveva molti amici".

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Vi mancano le luci della ribalta?

"Io preferisco una vita più riservata. E incontrare le persone con cui ho qualcosa in comune".

Con i vini serve più mestiere o più passione?

"Per avere successo servono entrambe. La passione, perché a volte i ritorni economici e di soddisfazione restano bassi per lungo tempo. E la professionalità: necessaria perché il successo arriva se individui il marketing giusto. Il Pinot grigio, sessant’anni fa, è stata un’invenzione degli enologi del nonno: col tempo ci ha aperto le porte del mercato degli Stati Uniti".

Parliamo della Franciacorta: un miracolo della natura o dell’intraprendenza lombarda? Qual è il segreto di questo successo?

"C’è un contesto che è sicuramente vincente. Il terreno argilloso, le colline, i vigneti 500 metri sopra il lago d’Iseo fanno tantissimo. Ma altrettanto ha fatto l’intraprendenza di Maurizio Zanella e del team di Ca’ Del Bosco. Ci siamo trovati a combattere contro un gigante come lo champagne. Il Franciacorta sta facendo i suoi passi, un po’ alla volta. I ristoranti di cucina italiana nel mondo ci aiutano; sono i nostri ambasciatori all’estero. In Giappone molti dei 4.000 ristoranti di cucina italiana servono le bottiglie di Ca’ Del Bosco".

A ottobre saranno cinquant’anni dall’acquisto dei terreni delle vigne.

"Nessuno ci credeva, all’inizio. Noi siamo entrati nel 1994, 15 anni dopo l’avvio della produzione, e c’era tanta strada da fare. Ca’ Del Bosco ci ha dato grandi soddisfazioni. In termini di qualità e anche di ritorni economici. Da 200.000 bottiglie siamo arrivati a 2 milioni e mezzo. E non vogliamo produrne una di più. Ci interessa tutelare la qualità".

Per la prima volta quest’anno i vini francesi hanno superato, in volumi, quelli italiani.

"L’importante è essere presenti nei mercati che vanno bene: gli Usa, il Canada, i Caraibi, il Nord Europa. In questo l’Italia ha superato la Francia".

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Ha ceduto ai figli le chiavi della holding Gama: è arrivato il momento del passaggio generazionale?

"Bisogna preparare figli e nipoti alla successione perché sappiano cosa significa fare bene gli imprenditori o gli azionisti di riferimento. Lo faccio insieme ai miei fratelli Stefano, Nicolò e Luca. Le mie due figlie, Lavinia e Matilde, si occupano degli investimenti finanziari di Gama; Giacomo è direttore export di Santa Margherita, nel cui cda è entrata Lavinia. Tutti stanno imparando il controllo direzionale delle aziende. Ho ceduto loro il 51 per cento della Gama, finanziaria di famiglia, ma li accompagno in tutte le decisioni strategiche".

Una lezione che viene dal passato?

"Noi Marzotto abbiamo avuto passaggi generazionali movimentati. Ora vorrei che fossero ben organizzati e soprattutto tranquilli".