Fringe benefit: ecco i limiti del bonus da 3mila euro

Platea dei beneficiari ridotta e bilanci delle imprese già chiusi: la tredicesima annunciata dal governo rischia di rimanere sulla carta

Per la premier, Giorgia Meloni, dovevano essere "una seconda tredicesima", ma sono in molti a dubitarne: i fringe benefit, infatti, rischiano di rimanere in gran parte sulla carta. Con il decreto Aiuti quater, in vigore dal 18 novembre, la soglia di esenzione fiscale di questa forma di retribuzione - costituita da beni (auto o telefono aziendale, ad esempio) e servizi (corsi, assistenza sanitaria ecc…) - è passata da 600 a 3mila euro.

L’obiettivo del governo è quello di fornire ai lavoratori un sostegno ulteriore per far fronte alla crisi economica e ai rincari dell’energia. Infatti, a partire da agosto, grazie al decreto Aiuti Bis che ha elevato il tetto da 258,23 euro a 600, tra le erogazioni esentasse ci sono anche quelle destinate al pagamento (o al rimborso) delle utenze domestiche (luce, gas e acqua) dei dipendenti. Tuttavia, le imprese che faranno ricorso ai fringe benefit saranno, con molta probabilità, poche. I tempi, infatti, sono stretti: la misura si riferisce all’anno di imposta 2022, con scadenza il 12 gennaio 2023. Entro tale data, i datori di lavoro dovranno decidere come e se intervenire con aiuti a favore dei propri dipendenti e valutare le risorse economiche da utilizzare.

Euro, banconote
Euro, banconote

Ma dovranno fare attenzione alle soglie: se si supera il limite dei 3mila euro, l’intero importo, e non solo quanto eccede il tetto, viene assoggettato a imposte e contributi. Il principale ostacolo al successo dell’intervento del governo Meloni è rappresentato comunque dal fatto che la maggior parte delle imprese, soprattutto quelle più grandi, ha già chiuso i bilanci di quest’anno e quindi non potrà contabilizzare i fringe benefit.

In ogni caso non sembrano proprio la tredicesima aggiuntiva come ha detto la premier. Ne è convinto anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. “Primo perché la platea dei lavoratori che usufruisce di queste agevolazioni è molto ridotta” ha spiegato “i primi conteggi parlano di circa un 17% quindi molto pochi; secondo non ci convince perché si sposta la palla nel campo delle imprese”. Alcune, infatti “li potranno erogare, altre li potranno erogare in maniera parziale e altro non potranno pagarli perché non sono nelle condizioni in questo momento dato l’aumento delle materie prime e dei costi energetici di avere spazi di bilancio e di finanza per poterlo pagare”.

Insomma, difficoltà contabili per le aziende e pochi potenziali beneficiari. Una parte consistente di lavoratori (e non solo), infatti, non usufruisce dei fringe benefit. Ad esempio i dipendenti pubblici, i pensionati, le partite Iva, chi lavora nelle piccole imprese, che non hanno le risorse per fornire misure di welfare aziendale al contrario delle grandi. Va ricordato che, oltre all’ampliamento della soglia, quest’anno, sempre per venire incontro alle esigenze dei lavoratori, è stata prevista una soglia aggiuntiva, e autonoma, per i buoni carburante: fino a 200 euro sono esenti da tasse, cifra che si somma ai 3mila euro previsti, tra le altre cose, anche per il pagamento delle bollette. Certo, l’ampliamento della soglia dei fringe benefit era stata accolta in modo positivo.

Il vantaggio della misura è duplice: per il lavoratore, le somme fino a 3mila euro non sono soggette all’Irpef; per il datore, si tratta di importi completamente deducibili dal reddito di impresa. Le imprese non hanno certo l’obbligo di fornire i fringe benefit, ma sono erogazioni interamente deducibili che riducono l’imponibile, ovvero la differenza tra lo stipendio lordo e i contributi previdenziali. Non essendo necessaria la sottoscrizione di un’intesa con i sindacati, è il datore di lavoro che può scegliere come intervenire: rimborso delle spese già sostenute dal dipendente (previa presentazione delle fatture), o pagamento diretto delle bollette da parte dell’azienda.