Martedì 16 Aprile 2024

Formazione in azienda: le imprese familiari investono troppo poco

Nel triennio 2022-24 calano le imprese che spendono per erogare corsi ai propri dipendenti: sono il 74% contro il 78% del 2017-2019

Formazione aziendale: l'Italia è in deficit

Shot of a group of young businesspeople having a meeting in a modern office

Roma, 4 febbraio 2023 - L’importanza della formazione dei lavoratori è ormai unanimemente considerato uno dei volani dello sviluppo delle aziende. Volano che le aziende italiane non sempre sono disposte a utilizzare. Soprattutto quelle a guida familiare, il modello di governance più diffuso nel nostro Paese.

Le imprese familiari, infatti, hanno ridotto la propria spesa rispetto al periodo pre-Covid. Mentre nel triennio 2017-2019 il 78% delle aziende di proprietà familiare aveva investito in almeno una tipologia di formazione, in quello attuale (2022-24) questa percentuale è scesa al 74%.

Ma queste imprese perdono il confronto anche con le aziende non familiari. Tra queste ultime, la percentuale di quelle che hanno investito in almeno in una tipologia di formazione nel biennio 2022-24 è pari all’81% (anche qui in calo, visto che nel 2017-19 era l’84%). I dati arrivano dall’indagine "Imprese familiari. Strategie, governance, organizzazione e politiche di formazione", condotta dal centro studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne tra marzo e maggio 2022 su un campione di 4mila imprese tra i 5 e i 499 addetti del settore manifatturiero e dei servizi.

Vediamo i dettagli della ricerca. Concentrandoci sulle aziende che già investono in questo campo, si osserva come quelle familiari tendano a investire in un numero minore di tipologie di formazione rispetto alle imprese non familiari. Infatti, la percentuale di aziende controllate dalle famiglie nel 2017-19 ha investito in tutte e quattro le tipologie di formazione - accrescimento delle competenze professionali già in possesso del personale (upskilling), nuove competenze (reskilling), intrapreneurship e formazione manageriale concentrata sui nuovi modelli di business – è la metà (27%) rispetto a quella delle imprese non familiari.

Il divario si riduce (ma rimane importante) in riferimento al biennio 2022-2024: 31% contro 58%. “Bisognerebbe far capire alle aziende familiari, che fino a poco tempo fa erano considerate un “residuo del passato” ma in Italia rappresentano l’80-90% delle imprese, che la formazione manageriale non è accessoria, ma è strategica”, ha spiegato al Sole 24 Ore Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del centro studi Tagliacarne, “ed è fondamentale soprattutto nel momento del passaggio generazionale”.

È soprattutto la formazione orientata a produrre cambiamenti quella meno gettonata: rispetto alle imprese non familiari, quelle guidate dalle famiglie investono meno in reskilling (il 52% contro il 66%), in intrapreneurship (35% contro 53%) e formazione manageriale per nuovi modelli di business (25% contro 43%).

A fare la differenza, su questo fronte, sembra essere la leadership: le imprese familiari guidate da under 35 investono di più e con una particolare attenzione ai nuovi modelli di business. Il 30% delle imprese giovanili ha poi investito, o investirà, in questa tipologia di formazione contro il 24% nel caso delle imprese non giovanili. Lo stesso vale per le aziende guidate da donne, più propense a investire nella formazione manageriale per nuovi modelli di business (28% vs 25%). “Ci aspettiamo un aumento di competitività e le imprese di capitalismo familiare per la loro matrice dovranno insistere su questo tipo di formazione e inserire quadri adeguati. La formazione è un pezzo di una più ampia politica sul capitale umano, uno dei fattori competitivi differenziali”, ha sottolineato Esposito.

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