Giovedì 18 Aprile 2024

"Formaggi dop a rischio estinzione"

Coldiretti: costi troppo alti, metà delle stalle italiane chiuse. Tuteliamo i produttori. Il ministro: accordo pronto

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di Elena Comelli

I costi di produzione troppo alti e la concorrenza sleale degli imitatori stanno decimando i produttori di formaggi Made in Italy, con una stalla italiana su due che in dieci anni ha chiuso i battenti. È l’allarme lanciato dal presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, in occasione dell’inaugurazione della Mostra Nazionale del Bovino alla Fiera di Montichiari, dove sono esposte le eccellenze casearie italiane. Gli ha risposto il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, che ha annunciato un accordo imminente: "Grazie al lavoro di tutte le parti e in particolare di Coldiretti sul prezzo del latte, ritengo che, con un piccolo sforzo nelle prossime ore, riusciremo lunedì a chiudere un accordo importante per i produttori", ha detto il ministro. L’accordo, secondo Patuanelli, "è fondamentale per il settore, che sopporta costi di produzione aumentati in modo intollerabile. Chi produce un bene primario deve essere la parte più tutelata della filiera perché è sempre la parte più debole".

In gioco c’è il futuro di un settore che vale 16 miliardi con 100mila occupati e produce ogni anno oltre 12 milioni di tonnellate di litri di latte di mucca. "A causa del rilevante aumento dei costi di produzione e del rincaro delle materie prime e dei foraggi, le imprese di allevamento da latte sono allo stremo, con compensi ormai da troppo tempo al di sotto dei costi di produzione e serve subito un patto di filiera tra allevatori, industrie e distribuzione per salvare il latte e le stalle italiane", ha sostenuto Prandini, sottolineando che "è necessario che nei contratti di fornitura fra le industrie di trasformazione e gli allevatori siano concordati compensi equi che coprano almeno i costi per evitare il rischio di chiusura". Nel giro dell’ultimo decennio le stalle italiane si sono quasi dimezzate, passando da 50mila a 26mila, con effetti irreversibili sull’occupazione e sull’economia. Dalla Tuma dell’Oregge piemontese al Puzzone di Moena trentino, dal Caciocavallo della Murgia in Puglia alla Caciotta amiatina della Toscana, dal Formaggio al Prosecco Doc veneto al Pecorino di Picinisco del Lazio, dalla Rosa Camuna lombarda alla Vastedda del Belice fino al Caizolu sardo, il patrimonio dell’agroalimentare nazionale vanta 56 formaggi a denominazione di origine Dop e Igp e ben 503 specialità tradizionali regionali.

Un patrimonio che ha consentito all’Italia di raggiungere il record storico nelle esportazioni di formaggio grazie ad un aumento del 13% nel 2021, superando un valore complessivo di 3,5 miliardi, secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat. Il record riguarda anche le vendite in Francia, dove la crescita è del 14%, tanto che i cugini d’oltralpe hanno acquistato l’anno scorso più mozzarella che camembert. L’Italia batte dunque la Francia in una sfida che ha radici lontane, se secondo Charles De Gaulle era impossibile sconfiggere un Paese che ha più formaggi che giorni nel calendario.

I formaggi Made in Italy più esportati, però, sono anche quelli più taroccati nel mondo, tanto che le imitazioni del parmigiano reggiano e del grana padano, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan americano, hanno superato addirittura le vendite dei prodotti originali. Non a caso sono ben 1,1 milioni le firme raccolte nell’ambito dell’iniziativa dei cittadini dell’Unione Europea "Eat Original! Unmask your Food" promossa dalla Coldiretti, da Campagna Amica e da altre organizzazioni europee, da Solidarnosc a Fnsea, per l’estensione dell’obbligo di etichettatura con l’indicazione dell’origine su tutti gli alimenti.

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