Pressione fiscale record dal 1980. Imprese, salasso da 110 miliardi: i più colpiti d'Europa

Paghiamo undicimila euro a testa, bimbi compresi. I conti della Cgia di Mestre

Tasse, l'escalation della pressione fiscale (Rdc)

Tasse, l'escalation della pressione fiscale (Rdc)

Olivia Posani ROMA, 19 agosto 2014 - OLTRE 11mila euro a testa, bambini compresi. È quello che paghiamo mediamente da tre anni allo Stato tra tasse, imposte indirette, contributi sociali. La pressione fiscale prevista per quest’anno dal Documento di economia e finanza (Def) varato lo scorso aprile è pari al 44% in rapporto al Pil. Lo stesso livello record toccato nel 2012, che si era però ridotto al 43,8% nel 2013 grazie anche alle misure impostate precedentemente dal governo Monti. In teoria dovrebbe andar meglio in futuro, visto che il governo ha programmato una riduzione del carico fiscale fino al 43,7% entro il 2016 grazie ai minori contributi Inail previsti per le imprese (1,2 e 1,4 miliardi nel biennio) e l’aumento delle detrazioni Irpef per i lavoratori (1,5 miliardi l’anno). Ma per capire che aria tira realmente dovremo aspettare la Legge di stabilità 2015, che il ministro Padoan sta ricalibrando per tenere conto degli ultimi dati Istat che ci danno ufficialmente in recessione.

LA CGIA di Mestre torna a far scattare l’allarme: «Dal 1980 ad oggi la pressione fiscale è aumentata di 12,6 punti percentuali: un vero ‘salasso’ che si è abbattuto sui portafogli dei contribuenti onesti. Un record di tasse che ci proietta ai vertici della classifica dei più tartassati d’Europa. Le imprese versano al fisco ben 110,4 miliardi di tasse all’anno. Nell’Ue solo le aziende tedesche pagano in termini assoluti più delle nostre, ma va ricordato che la Germania conta oltre 80 milioni di abitanti: 20 più dell’Italia».  Il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, ricorda come i veri tartassati siano invece lavoratori dipendenti e pensionati che concorrono per l’85% al gettito fiscale. Difficile avere una radiografia esatta della situazione, visto che nessuno studio si basa su rilevazioni empiriche (vengono prese in considerazione solo le aliquote) e nessuna statistica distingue per settori merceologici o fasce di reddito. Con un carico fiscale «di questa portata», avverte comunque il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «è difficile fare impresa e soprattutto creare le condizioni per far ripartire l’economia». 

L’ISTAT, che ha monitorato la situazione all’interno dell’Ue tra il 2000 e il 2012 ha riscontrato che nel vecchio continente in quel decennio c’è stata una riduzione delle tasse dello 0,5%, mentre in Italia si è verificata una impennata di quasi tre punti. Gli economisti della ‘voce.info’ hanno calcolato che la nostra pressione fiscale è di 5 punti superiore alla media europea. 

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