
GLI INVESTITORI retail diventano sempre più digitali ma la consulenza professionale mantiene un ruolo chiave quando si tratta di decidere...
GLI INVESTITORI retail diventano sempre più digitali ma la consulenza professionale mantiene un ruolo chiave quando si tratta di decidere dove allocare i propri risparmi e questo avviene ancora di più in Italia. E’ uno dei principali aspetti che emerge dalla seconda edizione della ricerca di Amundi – primo asset manager europeo fra i primi 10 operatori a livello mondiale – sugli investimenti digitali che ha coinvolto 25 Paesi e oltre 11.000 intervistati, investitori retail rappresentativi di svariati gruppi demografici.
Nel valutare il livello di coinvolgimento digitale degli investitori retail, dal detenere investimenti su piattaforme digitali all’utilizzo di fonti digitali di informazione e consulenza per il processo decisionale, si scopre che l’investimento digitale non è riservato solo ai giovani ma è praticato da investitori di tutte le età. Il 77% degli intervistati infatti investe almeno una parte del proprio portafoglio tramite una piattaforma digitale o un’applicazione. Si riscontrano ovviamente alcune differenze fra Paesi, con gli investitori finlandesi (95%), brasiliani (89%), svedesi (89%) e sudcoreani (89%) che abbracciano i mezzi digitali con maggiore convinzione rispetto ai loro omologhi in Thailandia (46%), Giappone (64%) e Francia (65%). E gli investitori italiani (con il 61%) si fanno guidare ancora meno dalle fonti digitali rispetto alla media europea (69%).
Anche in Italia comunque quasi sette uomini su dieci utilizzano fonti digitali di consulenza e formazione per prendere decisioni di investimento, mentre fra le donne sono solo la metà (54%). Rispetto al campione europeo (78%), gli investitori italiani sono meno propensi a detenere investimenti attraverso piattaforme digitali (69%) mentre la possibilità di anticipare la data di pensionamento è una delle principali motivazioni a investire più per gli uomini (26%) che per le donne (14%). La fiducia nel raggiungimento di obiettivi a breve termine tra gli investitori italiani è molto alta: almeno 8 su 10 sono fiduciosi di potersi sposare (82%), avviare un’attività (83%), viaggiare (86%) e finanziare la propria istruzione (90%).
Nel nostro Paese inoltre, spiega la ricerca di Amundi, l’accesso alla consulenza finanziaria professionale è più elevato (56%) rispetto alla media europea (45%) e fra gli italiani questo vale in misura maggiore per le donne: quasi due terzi di loro (63%) ricorrono a servizi di consulenza professionale. La carenza di informazione (33%) e un senso di insicurezza in assenza di un consulente (35%) sono un incentivo a utilizzare i servizi di un consulente finanziario per gli investitori più anziani. Sul fronte delle aspettative previdenziali, l’età in cui si prevede il pensionamento è più alta tra gli investitori italiani: quasi uno su cinque (17%) pianifica di andare in pensione dopo i 70 anni (contro il 7% in Europa) e gli investitori italiani (13%) sono meno ottimisti sulla capacità di riuscire a risparmiare quanto necessario per la pensione (rispetto al 23% degli investitori europei).
Garantirsi un reddito pensionistico adeguato dal punto di vista economico del resto è il motivo principale per cui gli italiani investono prevedendo di avere bisogno del 63% del reddito attuale durante la fase di pensionamento rispetto al 59% dell’UE. Solo il 13% però ritiene di essere sulla buona strada per raggiungerlo. Nel prendere comunque una decisione di investimento, tre investitori italiani su quattro (75%) sono stati influenzati dal supporto ricevuto dalla propria banca in filiale e di persona.
"La seconda edizione della nostra indagine ‘Decoding Digital Investment’ – commenta Fannie Wurtz (nella foto in alto), Head of Distribution & Wealth Division, Passive Business Line di Amundi - fornisce una grande quantità di informazioni a chi cerca di comprendere l’evoluzione delle aspettative e dei comportamenti degli investitori. Lo studio sottolinea l’importanza della consulenza professionale in materia di investimenti: è di quasi tre volte superiore il numero di investitori che ricevendo un supporto, sia attraverso l’interazione di persona che con mezzi digitali, hanno definito un piano di investimento strutturato. Mentre l’uso dei canali digitali continua a crescere a livello globale, la promozione dell’educazione finanziaria e lo sviluppo di un modello di consulenza ibrido sono più che mai essenziali per aiutare gli investitori a raggiungere i loro obiettivi di investimento di lungo periodo".
Con riferimento in particolare ai dati del nostro Paese, aggiunge Ilaria Pisani (nella foto in basso), Head of ETF, Indexing & Smart Beta Sales di Amundi SGR dall’indagine emerge che gli investitori italiani "mostrano peculiarità uniche rispetto alla media europea, in particolare con riferimento alla spiccata preferenza per l’interazione umana laddove siano in gioco i propri obiettivi e la scelta delle relative soluzioni di investimento. In particolare le donne, che pure investono meno rispetto agli uomini, si avvalgono in grande misura di consulenti finanziari. Anche il ricorso alle piattaforme digitali è ancora lontano dal divenire lo strumento di elezione dei risparmiatori italiani. In conclusione, gli investitori italiani manifestano un equilibrio unico tra tradizione e modernità che rende centrale il ruolo degli intermediari finanziari e degli operatori di risparmio gestito nell’interpretazione dei bisogni della clientela e nel supportarla con un processo strutturato di pianificazione finanziaria".