Mercoledì 24 Aprile 2024

"La crisi? Colpa dei ritardi delle banche centrali"

"La crisi?  Colpa   dei ritardi  delle banche  centrali"

"La crisi? Colpa dei ritardi delle banche centrali"

"NON È UN INCIDENTE ma il prezzo da pagare per i ritardi delle banche centrali". È il giudizio tranchant sulle ultime crisi finanziarie espresso in un recente commento da Sean Shepley (nella foto a sinistra in alto), economista senior di Allianz Global Investors (società di gestione del risparmio che fa capo al colosso assicurativo Allianz). Shepley ha compiuto un’ampia disamina di quanto accaduto nel settore bancario negli ultimi mesi, con il fallimento di alcuni istituti di credito regionali americani (tra cui Silicon Valley Bank) e il salvataggio in extremis del Credit Suisse, inglobato dalla concorrente Ubs. "Secondo noi la proliferazione degli incidenti nel settore finanziario negli ultimi sei mesi non è un incidente", ha scritto appunto l’economista di AllianzGI, utilizzando un gioco di parole per dire che le maggiori banche centrali del pianeta come la Federal Reserve statunitense (nella foto a sinistra in basso, il presidente Jerome Powell) o l’europea Bce (nella foto a destra la presidente, Christine Lagarde) la hanno compiuto qualche errore nell’attuare la politica monetaria, cioè nel manovrare i tassi d’interesse e stabilire il giusto livello del costo del denaro.

Per spiegare la sua posizione severa, Shepley compie qualche passo a ritroso e passa in rassegna le decisioni prese in passato dalle banche centrali. Dopo la crisi finanziaria del 2009, le principali autorità monetarie hanno portato i tassi sotto zero e immesso liquidità nel sistema con il quantitative easing (cioè con acquisti diretti di titoli sul mercato). "La strategia era stata pensata per spingere gli investitori ad abbandonare gli investimenti in asset sicuri a basso rendimento", sostiene l’economista di AllianzGI, " e contrastare così il crollo della domanda di denaro dopo la crisi finanziaria globale". Il quantitative easing e il ribasso dei tassi hanno impiegato lungo tempo prima di dare i loro frutti poiché lo shock provocato dai molteplici casi di fallimento delle banche nel 2008-2009 aveva danneggiato profondamente i bilanci, la fiducia degli investitori e, in una certa misura, il funzionamento del mercato. Successivamente, sottolinea ancora Shepley, "in un contesto di inflazione persistentemente bassa, le banche centrali hanno adottato questa stessa strategia ogniqualvolta si è verificato uno shock sul fronte economico".

Tale orientamento, però, secondo l’economista "si è dimostrato un grave errore durante la pandemia di Covid poiché, in netto contrasto rispetto al 2008, la domanda di denaro è aumentata". Questo perché i governi non hanno attuato più politiche politiche di austerity come in precedenza ma, al pari del settore privato, si sono dati da fare per affrontare la crisi. Il che ha causato una forte ripresa della domanda di beni e servizi, che non è stata adeguatamente soddisfatta dall’offerta e ha creato una scarsità di risorse nell’economia reale. Una tale situazione ha poi innescato una specie di reazione a catena: la scarsità di risorse ha infatti alimentato l’inflazione e ha spinto, seppur con un certo ritardo, la reazione delle banche centrali, che hanno alzato i tassi proprio per arginare la salita dei prezzi. Ma l’aumento dei tassi, come dimostrano le cronache finanziarie recenti, ha portato purtroppo anche una instabilità nel sistema bancario, o almeno in una sua parte, facendo venire a galla una fragilità del sistema di gestione del rischio di alcuni istituti. In particolare, questo problema è divenuto evidente in alcuni istituti di credito americani di minori dimensioni (le banche regionali statunitensi), come la già citata Silicon Valley Bank o First Atlantic, che sono finiti in dissesto o in crisi di liquidità proprio a causa del caro-tassi. Di fronte a questo scenario, AllianzGI si aspetta un indebolimento della crescita economica nel secondo semestre dell’anno, in seguito a una stretta sul credito da parte delle banche, in particolare negli Stati Uniti. Come devono dunque comportarsi gli investitori con questi chiari di luna? "Sul fronte azionario siamo ancora prudenti", afferma Shepley , "e a livello geografico preferiamo l’area Euro e la Cina".

Nel reddito fisso, invece, AllianzGI si attende una sovraperformance delle obbligazioni dei cosiddetti paesi core (per esempio la Germania e quelli del Nord Europa). Nel mercato dei cambi, sebbene il dollaro statunitense tenda ad avere un ottimo andamento nelle fasi di stress finanziario, Shepley ritiene che non sia improbabile un sostenuto aumento del cambio tra l’euro e la moneta americana fin sopra il livello di 1,10. Questo perché è difficile che vi sia un ulteriore, deciso rialzo dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve (la banca centrale d’Oltreoceano), che finora è stata invece più veloce della Bce nell’aumentare il costo del denaro, facendo crescere nei mesi scorsi la domanda di dollari sui mercati valutari. Ora che lo scenario è diverso, insomma, anche la corsa del biglietto verde dovrebbe subire una battuta d’arresto. In un’ottica di medio e lungo termine, invece, per AllianzGI resterà intatto l’appeal di tutti gli investimenti legati al tema della sostenibilità ambientale, visto che "il cambiamento climatico rappresenta il problema più urgente dei nostri tempi, come è stato ricordato anche al World Economic Forum di Davos".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro