Sabato 14 Settembre 2024

I fondi pensione adesso cercano la rivincita sul Tfr

I fondi pensione  adesso cercano  la rivincita sul Tfr

I fondi pensione adesso cercano la rivincita sul Tfr

IL TFR BATTE i fondi pensione? Se si guarda ai risultati del 2022, anno nero per i rendimenti degli investimenti nella previdenza complementare, la risposta è sì. Perché il ribasso dei mercati finanziari ha colpito anche i fondi pensione. Tanto che, secondo la relazione annuale di Covip, la Commissione di vigilanza del settore, emerge come l’anno scorso i fondi negoziali, cioè quelli riferiti ad accordi con aziende e sindacati per i dipendenti abbiano perso il 9,8%, quelli aperti riferiti a qualsiasi categoria di lavoratori il 10,7% e i Pip, i Piani individuali previdenziali addirittura l’11,5%. Un bilancio ben diverso dalle somme lasciate dai lavoratori nel Trattamento di fine rapporto che, essendo legato all’andamento dell’indice dell’inflazione, sempre nel 2022 si è rivalutato dell’8,3%.

Dopo un anno da dimenticare, sempre la Covip, nell’aggiornamento sul primo semestre di quest’anno evidenzia come, insieme con quella dei mercati, ci sia stata anche una ripresa dei rendimenti dei fondi. Tanto che si riscontrano guadagni dal 6 a oltre il 7% per le linee azionarie, dal 3,5 a quasi il 5% per quelle bilanciate mentre i fondi pensione obbligazionari hanno limitato il recupero a un 1-2%.

Il rendimento dei fondi pensione, avverte Roberta Rossi (nella foto a destra) della società di consulenza indipendente SoldiExpert Scf, andrebbe valutato sul lungo periodo e non sull’altalena dei su e giù di Borse e Btp. Guardando agli ultimi dieci anni, però, il confronto con il Tfr non è sempre vincente. Dal 2013 il rendimento annuo composto delle linee azionarie è stato tra il 5 e il 5,4%, scende dal 2 al 3,2% per le linee bilanciate ma si avvicina allo zero per i prodotti garantiti o obbligazionari mentre la rivalutazione media annua del Tfr nello stesso periodo è stata del 2,3%.

Al di là del confronto sui rendimenti, resta anche il problema di una previdenza complementare mai veramente decollata tanto che a fine giugno il settore contava 10,5 milioni di iscritti (+2% sul 2022) e 214 miliardi di risorse in gestione. Siamo quindi ancora al di sotto del 40% di copertura dei lavoratori italiani sebbene le prospettive previdenziali siano quelle, aggiunge Rossi, di una pensione pubblica molto ridotta rispetto all’ultimo reddito disponibile. Per questo, aggiunge la consulente di SoldiExpert Scf, investire nella pensione di scorta, a partire dai giovani, resta un’opzione da consigliare tenendo anche conto del vantaggio fiscale con la possibilità di dedurre dal reddito fino a 5.164 euro di versamenti annui. In pratica, per chi ha redditi più alti e un’aliquota Irpef del 43%, significa risparmiare dalle tasse ogni anno quasi la metà sull’investimento in un fondo.

Proprio l’aspetto fiscale, che oggi privilegia i redditi più alti e non i giovani con versamenti medi annui ai fondi attorno ai 2.770 euro, è uno degli elementi sui quali bisognerebbe intervenire, secondo la presidente facente funzioni di Covip Francesca Balzani (nella foto a sinistra), per rilanciare le adesioni. Non aumentare il tetto di deducibilità ma renderlo più flessibile nel tempo – non più su base annuale ma pluriennale – e rimodularlo, con interventi dello Stato, in funzione del reddito di chi investe nei fondi. Che, rilevano le statistiche, hanno rendimenti più alti nelle linee azionarie da privilegiare nella prima parte della vita lavorativa e da incentivare per investire nell’economia italiana a cui nel 2022 dai fondi sono stati destinati solo 35,6 miliardi.