
Meglio l’Europa o gli Stati Uniti? Il dilemma che mette il dubbio a molti investitori internazionali è stato uno dei...
Meglio l’Europa o gli Stati Uniti? Il dilemma che mette il dubbio a molti investitori internazionali è stato uno dei temi dibattuti anche all’ultima edizione del European Media Day di M&G, casa d’investimenti britannica che nelle scorse settimane ha incontrato a Londra la stampa europea. Tra i manager che hanno preso parte alla conferenza c’era anche Fabiana Fedeli, responsabile investimenti per il mercato azionario, per i portafogli multi-asset e le strategie legate alla sostenibilità di M&G Investments, la divisione del gruppo britannico che si occupa della gestione del risparmio. Negli anni scorsi i listini di Wall Street hanno dato ben più soddisfazioni agli investitori rispetto alle altre Borse internazionali.
Non è stato così nel 2025 visto che, tra gennaio e il 22 giugno, l’indice statunitense S&P 500 è stato molto volatile e ha guadagnato un marginale 1.9% in poco meno di 6 mesi, contro il 6% circa dell’Eurostoxx 50, il paniere che riunisce i più importanti titoli quotati sulle piazze finanziarie europee. Ecco allora che, nell’incontro londinese di M&G, è sorto spontaneo un interrogativo: possiamo considerare finito il cosiddetto eccezionalismo americano, cioè il ruolo-guida degli Usa a livello globale? "La risposta dipende da cosa intendiamo con il termine eccezionalismo", ha risposto Fedeli che ha aggiunto: "Per anni abbiamo considerato gli Stati Uniti eccezionali per la forza dei loro mercati finanziari ma, in realtà, lo sono soprattutto per la forza delle loro aziende e del loro sistema produttivo. Aldilà dell’Atlantico, ha sottolineato la manager di M&G Investments, c’è ancora grande spirito imprenditoriale, un alto tasso di innovazione e una propensione al rischio come in pochi altri paesi avanzati". Il cuore pulsante dell’economia a stelle e strisce, secondo Fedeli, non sono soltanto le big tech di Wall Street, i colossi quotati in Borsa come Amazon, Alphabet o Apple che tutti conosciamo. Oltre a questi nomi c’è una fitta rete di imprese internazionalizzate, attive in settori ad alta intensità tecnologica. "Gli investimenti in intelligenza artificiale stanno continuando a sostenere i ricavi aziendali", ha ricordato ancora Fedeli. Se dunque l’impero americano è destinato a declinare, pare quindi che la sua eclissi non avverrà certamente dall’oggi al domani.
Per molti anni, insomma, gli Usa resteranno ancora al centro della scena. Ma attenzione: avere un tessuto imprenditoriale forte non significa necessariamente che i listini azionari a stelle e strisce siano infallibili e continuino a marciare spediti senza soste. "Nei mesi scorsi molti investitori si sono trovati sovraesposti agli asset statunitensi, una posizione difficile da mantenere quando le valutazioni di mercato dei titoli sono già molto elevate". Ed è per questo che M&G rileva oggi una crescente prudenza verso i listini americani, soprattutto da parte della sua clientela europea e asiatica. Meglio dunque dotarsi di un portafoglio diversificato tra diverse aree geografiche, affidandosi preferibilmente a un gestore di fondi con strategie attive per cogliere le migliori opportunità in uno scenario di volatilità dei prezzi. "L’Europa non difetta di talenti o di università di qualità", ha osservato Fedeli, "ma nel Vecchio Continente manca purtroppo un sistema finanziario capace di accompagnare le imprese nella fase di crescita". I vecchi modelli globali stanno lasciando spazio a nuove geografie economiche caratterizzate da una maggiore frammentazione, con equilibri instabili e dinamiche in continua evoluzione. È in questo scenario che, secondo M&G, torna centrale la gestione attiva del portafoglio senza seguire passivamente l’andamento degli indici.