Mercoledì 24 Aprile 2024

Fermiamo la demolizione del ceto medio

Bruno

Villois

Il prezzo del petrolio continua la sua discesa, i principali produttori mondiali si stanno preparando a ridurre le quantità. La raffinazione del gasolio è la più penalizzata, mentre tiene quella delle benzine, destinata esclusivamente agli autoveicoli per il trasporto di persone. Sembra una buona notizia, visto che nel paniere dell’inflazione il petrolio ha notevole importanza, se non fosse che il calo è il primo sintomo di un rallentamento dell’economia mondiale, ovvero di una recessione. Il fatto che anche il gas segua la sorte del petrolio, essendo la prima fonte della produzione dell’energia destinata all’industria, ne è una conferma. L’inflazione, però, rallenta in tempi troppo lunghi, tanto da stimolare Fed e Bce a proseguire nell’aumento dei tassi, seppur limitato a un quarto di punto, senza neppure fissare una data per bloccarne la crescita. Il costo del denaro nell’intero occidente ha superato i massimi degli ultimi 12 anni, condizione che concorre in misura rilevante a generare una recessione, a cui segue la stagnazione dei consumi. Pertanto si stanno innescando le condizioni per favorire un allargamento sostanziale delle distanze non solo tra ricchezza e povertà, ma anche in una sistematica demolizione del ceto medio, ovvero di quella parte di popolazione che, fino a pochi anni fa, concorreva in modo sostanziale ai consumi e quindi allo sviluppo. In Italia, negli ultimi due decenni, il calo del potere di acquisto ha superato il 30%, contro una crescita del reddito intorno al 12%. Un ulteriore peggioramento del differenziale porterebbe all’aumento della povertà di 56 punti percentuali. Importante sarebbe congelare i tassi di interesse e parimenti aumentare i salari, vincolandoli però alla produttività.

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