La Fed torna ad alzare i tassi. "Riporteremo l’inflazione al 2%"

Varato un aumento dello 0,75%. Giù le stime di crescita, ombre di recessione. Powell: non c’è strada indolore

Il presidente della Fed Jerome Powell (Ansa)

Il presidente della Fed Jerome Powell (Ansa)

Nuovo, aggressivo rialzo dei tassi di 75 punti base da parte della Fed, che ha condito la stretta con l’indicazione di nuovi rialzi, decisamente più intensi di quelli prospettati a giugno. Si tratta del quinto rialzo dei tassi consecutivo, il terzo di fila da 75 punti base. Questo ritmo incalzante dovrebbe servire a domare l’inflazione, ma aumenta il rischio di una nuova recessione. Il tasso di riferimento a breve termine si attesta così, con "decisione unanime", in un intervallo compreso tra il 3% e il 3,25%, il livello più alto dall’inizio del 2008. Entro l’inizio del 2023, però, si prevede un ulteriore aumento. L’azione della banca centrale americana ha fatto seguito a un rapporto governativo della scorsa settimana, che ha mostrato l’impennata continua dei prezzi degli affitti e di altri servizi, anche se alcuni precedenti fattori di inflazione, come i prezzi del gas, si sono attenuati. Ma a pesare sull’economia americana e globale, dice la Fed, è la guerra in Ucraina.

In concreto, la decisione della Fed di aumentare i tassi di interesse rende più costosa l’accensione di un mutuo o di un prestito per l’acquisto di un’auto. In questo modo, consumatori e imprese presumibilmente sono portati a spendere meno, raffreddando l’economia e rallentando l’inflazione. La diagnosi dello stato dell’economia emersa nel comunicato è rimasta poco variata: soprattutto alta inflazione, bassa disoccupazione, anche se la spesa e la produzione, che a luglio erano considerate in indebolimento, appaiono ora in modesta crescita. Tagliata la previsione di crescita degli Usa nel 2022 a un +0.2%, i funzionari della Fed dichiarano di essere alla ricerca di un "atterraggio morbido", con il quale riuscire a rallentare la crescita in misura sufficiente a contenere l’inflazione, ma non così tanto da innescare una recessione.

Tuttavia, gli economisti sono sempre più convinti che i forti aumenti dei tassi porteranno, nel tempo, al taglio di posti di lavoro e a una vera e propria recessione alla fine di quest’anno o all’inizio del prossimo. Del resto, il presidente della Fed Jerome Powell ha riconosciuto: "Non c’è strada indolore per lasciarsi alle spalle l’inflazione". Ha aggiunto che l’impegno della Banca centrale a riportare il livello dei prezzi al suo obiettivo del 2% è "incondizionato". E ha proseguito: "A un certo punto diventerà appropriato rallentare il ritmo dei rialzi dei tassi".

Intanto, il calo dei prezzi del gas ha leggermente ridotto l’inflazione complessiva, che ad agosto era ancora un doloroso 8,3% rispetto a un anno prima. Il calo dei prezzi del gas potrebbe aver contribuito al recente aumento dell’indice di gradimento del presidente Joe Biden, che i Democratici sperano possa servire ad aumentare le loro prospettive nelle elezioni di midterm di novembre. Le preoccupazioni per un’escalation della guerra tra Russia e Ucraina hanno leggermente attenuato la tendenza al rialzo che aveva caratterizzato l’andamento dei titoli statunitensi negli ultimi giorni, ma i tassi restano comunque alti. Wall Street, da parte sua, ha invertito la rotta ed è passata in negativo dopo la decisione della Fed. I listini europei, invece, hanno chiuso in positivo, nonostante la Fed e l’escalation della tensione in Ucraina, con Milano che ha segnato sul finale un rialzo dell’1,2% e lo spread tra Btp e Bund tedesco in calo a 222 punti base, rispetto ai 225 punti di martedì. In calo anche il rendimento del decennale italiano che scende al 4,11%, rispetto al 4,17 della vigilia.