Mercoledì 24 Aprile 2024

Fca, la giustizia Usa indaga sul dieselgate

E in Francia finisce nel mirino Renault. La Ue: preoccupazione

Fca, l'ad Sergio Marchionne (Afp)

Fca, l'ad Sergio Marchionne (Afp)

Milano, 14 gennaio 2017 - Dopo l’affondo dell’Epa, l’Agenzia ambientale americana che ha accusato l’altro ieri Fiat Chrysler di avere truccato le emissioni di 104mila veicoli diesel (Jeep Grand Cherokee e Dodge Ram prodotti nel 2014-2016), in campo è sceso anche il Dipartimento di Giustizia Usa, che avrebbe avviato un’inchiesta sempre sul gruppo guidato da Sergio Marchionne. 

Aprendo così, dopo il rischio di una multa Epa fino a 4,6 miliardi di dollari, anche conseguenze penali. Si spiega così, nel giorno in cui il titolo Fca ha rialzato la testa in Piazza Affari (più 4,61%, col mercato che punta sulla carta Trump e quindi su una soluzione morbida della vicenda, anche se l’agenzia Fitch ha avvertito che, se le accuse fossero confermate, potrebbero mettere in tensione il rating di Fca) l’andamento ancora negativo a Wall Street. Ma ieri c’è stato un altro titolo andato malissimo in Borsa, ed è quello, a Parigi, di Renault.

La Procura della capitale francese (tre giudici) ha infatti avviato un’indagine sui dispositivi utilizzati da Renault sempre sui motori diesel, che si sospetta possano essere stati truccati. Con il rischio di una maxi multa fino al 10% del fatturato. Poco più di un anno fa la commissione voluta dal ministro francese dell’Ambiente, Ségolène Royal, notò discrepanze fra i test inquinanti in laboratori e quelli su strada in condizioni reali. Di lì la richiesta di indagini più approfondite che si sono concluse a novembre. Come Fca, anche Renault ha risposto sostenendo di produrre veicoli conformi alle norme e quindi «non equipaggiati di software per la frode».

Tra accuse e smentite, l’esplosione del nuovo Dieselgate non poteva non allarmare Bruxelles. Tanto che Lucia Caudet, portavoce della Commissione Ue, ha definito «preoccupanti» i possibili sviluppi. Aggiungendo di essere «in contatto costante con le autorità americane», che hanno informato l’esecutivo europeo di avere ricevuto «insufficienti informazioni» sul controllo delle emissioni da parte di Fca. Si avverte anche il pressing della Germania che, lo scorso settembre, aveva chiesto a Bruxelles di indagare sul gruppo del Lingotto, in scia a sospetti sull’uso di un software per manipolare le emissioni. Preoccupati sono anche i sindacati per le possibili ripercussioni sui lavoratori – anche se considerano il caso Fca diverso da quello Volkswagen –, mentre i consumatori sono già sul piede di guerra col Codacons che ha presentato un esposto alla Procura di Torino per appurare se anche in Italia siano stati commercializzati veicoli che potrebbero rientrare nelle accuse sollevate dall’Epa. Circostanza che il vice ministro dei Trasporti, Riccardo Nencini, ha escluso.

Dopo la dura presa di posizione di Marchionne, che aveva parlato di «coscienza pulita», ieri Fca ha ribadito di essere impegnata in un dialogo con l’Epa e il Dipartimento di Giustizia da diversi mesi: «Continueremo a collaborare con le loro indagini in corso». Il primo appuntamento con l’Epa sarà venerdì, nel Michigan, dove si trovano i laboratori dell’Agenzia americana. Ma prima, lunedì, lo staff di Fca incontrerà le autorità della California. Vertici che precedono l’insediamento dell’amministrazione Trump e il cambio alla guida della stessa Epa, con l’arrivo del falco Scott Pruitt. Anche per lui, però, sarà difficile insabbiare il caso Fca. Infine, al presunto conflitto tra presidenti evidenziato da Marchionne, ha replicato un portavoce di Obama sostenendo che la Casa Bianca è estranea alle decisioni dell’Epa.

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