Extraprofitti, aziende sulla difensiva. La tassazione fa flop: arrivano 2 miliardi su 11

Tempo scaduto per la seconda tranche del contributo allo Stato. Per le compagnie energetiche l’imposta va calcolata sui dati di bilancio. "Si tiene conto di guadagni che non c’entrano col rialzo dei prezzi"

Roma, 14 dicembre 2022 - Carter non ci ha insegnato nulla. L’ex presidente americano nel 1980 decise che bisognava tassare gli extraprofitti delle compagnie petrolifere. Il governo degli Stati Uniti pensava di incassare la bellezza di 393 miliardi di dollari. Ne strappò 80 a malapena. E anche la super tassa al 25% imposta dal governo Draghi alle aziende energetiche italiane sugli extraprofitti sta seguendo lo stesso cursus honorum del balzello americano: a giugno dovevano arrivare quattro miliardi, ne sono spuntati due a malapena. Entro la fine di novembre sarebbero dovuti arrivare tutti i 10,9 miliardi previsti, ma in realtà l’incasso stimato si è fermato a 2,6 miliardi. Un quarto di quanto ci si aspettava. E nel 2023 la manovra del nuovo governo Meloni alza ancora la posta in gioco. Il piano è infatti di portare la tassa, o meglio il "contributo di solidarietà", al 50% (calcolato sull’imponibile Ires) e recuperare così altri 2,5 miliardi circa.

Bollette bruciate per protesta, durante una manifestazione nei giorni scorsi a Pisa
Bollette bruciate per protesta, durante una manifestazione nei giorni scorsi a Pisa

GLI EXTRAPROFITTI

Ma cosa sono gli extraprofitti? Dal giugno del 2021 le compagnie energetiche hanno iniziato ad approfittare del rialzo di petrolio e gas. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio del 2022 e le sanzioni scattate a causa dell’offensiva hanno fatto schizzare la domanda di idrocarburi. E così il gas è passato da 94 euro/MWh a 349 euro/MWh (agosto 2022) per poi attestarsi nei giorni scorsi sui 115 euro/MWh. Il prezzo del petrolio (Brent) ha avuto un andamento simile: 72 dollari al barile a giugno 2021, 122 dollari a maggio 2022 per toccare i 98 dollari nei giorni scorsi.

Questi rialzi hanno consentito alle compagnie energetiche produttrici di chiudere il terzo trimestre del 2021 e i primi due trimestri del 2022 con profitti straordinari. Anche chi vende energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ha visto schizzare i guadagni: il regime di tariffazione marginale, infatti, impone che sia la materia prima più costosa a determinare il prezzo. E così fotovoltaico, idroelettrico ed eolico hanno beneficiato dei pazzeschi rialzi sul gas, aumentando a dismisura i margini.

Per quanto riguarda i contratti di approvvigionamento, invece, la materia è più complessa. Il 40% di quelli in essere, ad esempio, scadrà tra più di 15 anni. Analizzandoli, si è visto che sul breve termine si realizzano profitti che però vengono rapidamente assorbiti e tornano a essere nella norma.

LA SCURE DI DRAGHI

Per fare fronte al caro bollette, il governo Draghi ha così deciso di imporre una tassa del 25% sugli extraprofitti realizzati dalle imprese del settore energetico nel periodo ottobre 2021-aprile 2022. Il termine di paragone? Lo stesso arco temporale dei dodici mesi precedenti. Per calcolare la base imponibile si è tenuto conto dell’incremento registrato nelle operazioni attive e passive rilevanti ai fini dell’Iva. Sebbene non sembrasse subito così, il governo Meloni ha deciso di ’ritoccare’ la tassazione a partire dall’anno prossimo.

LE STIME

Per il governo italiano, gli extraprofitti delle nostre aziende energetiche erano stimabili in 43,6 miliardi, per cui le circa 300 società società interessate (di cui il 90% operanti nel settore energia elettrica e gas, mentre il 10% nel settore dei prodotti petroliferi) avrebbero dovuto portare nelle casse dello Stato circa 10,9 miliardi. All’Eni spetta la parte del leone, visto che dovrà versare da sola 1,4 miliardi (con extraprofitti stimati per 5,6 miliardi). Secondo le elaborazioni di Intermonte, Saras dovrebbe versare tra gli 80 e i 90 milioni di euro. Enel attorno ai 70, mentre A2A ed Erg dovranno rispettivamente versare 45 e 40 milioni. Da Iren dovrebbero arrivare 31 milioni, mentre da Acea altri 29. Hera dovrebbe aggiungerne altri 10. Il totale? Circa 1,7 miliardi. I restanti 9,2 miliardi dovrebbero quindi arrivare dalle altre società.

L’IRA DELLE AZIENDE

La scelta del governo di disegnare la super tassa basandosi sul saldo delle operazioni Iva e non sui profitti reali (che potranno essere verificati solo quando i bilanci delle società saranno approvati e pubblicati) ha causato una vera e propria levata di scudi. In questo modo, infatti, vengono comprese operazioni che non sono legate al rialzo del prezzo dell’energia. "Nella base imponibile finiscono anche operazioni straordinarie come l’acquisto e la vendita di rami d’azienda, che nulla hanno a che fare con il rialzo del prezzo dell’energia" fa notare Mauro Meggiolaro di Merian Resaerch. E così molte società hanno preferito non pagare, per ora, fiduciose di poter dimostrare l’iniquità del provvedimento.

L’EUROPA

Ma nel frattempo si è mossa anche Bruxelles. L’ultima proposta è stata messa sul piatto dalla presidenza ceca dell’Ue: un price cap sul gas, fissando il tetto tra i 200 e i 220 euro a megawattora. Stando alle ultime stime della Commissione, il price capdovrebbe di fatto fruttare 140 miliardi di euro. In teoria, come insegna Carter.