Venerdì 19 Aprile 2024

Eurovita: rischi e scenari. I punti critici del piano B

L'ipotesi sul tavolo prevede una divisione della compagnia in cinque parti che andrebbero a Intesa Vita, Generali, Poste, Unipol e Allianz. Sul piatto 500 milioni di euro

Eurovita, foto generica (ImagoE)

Eurovita, foto generica (ImagoE)

L’obiettivo è evitare che la crisi diventi sistemica. Per questo l’affaire Eurovita, la compagnia italiana assicurativa in mano al fondo inglese Cinven, sta coinvolgendo i maggiori attori del comparto.

Secondo il Sole 24 Ore, l’unica soluzione possibile è un salvataggio di sistema. L’ipotesi che si sta profilando è quella di uno spezzatino con l’intervento di Intesa Vita, Generali, Poste, Unipol e Allianz, sotto l’egida del Ministero delle Finanze e dell’Economia e con la presenza attiva dell’Ivass, l’ente di vigilanza del settore.

Il timore è che anche su Eurovita si arrivi a qualcosa di simile alla “corsa agli sportelli” che ha coinvolto alcune banche regionali americane, a cominciare da Silicon Valley Bank.

In questo caso, i 353mila clienti della compagnia assicurativa potrebbero chiedere il riscatto delle 413mila polizze di cui sono in possesso. Per quanto piccolo, il problema, se non affrontato, rischia di macchiare la reputazione di tutto il mondo delle assicurazioni, in particolare il ramo “vita”, principale rifugio per i risparmi degli italiani.

La soluzione sul tavolo fino a pochi giorni fa, ovvero un aumento di capitale da 300 milioni, dei quali 100 già iniettati da Cinven, a carico delle banche distributrici e delle assicurazioni, con una linea di credito da 2 miliardi per tamponare le richieste di riscatto, si è raffreddata. Troppi gli aspetti controversi.

Oltre al tema della governance, che dovrebbe essere condivisa tra diversi soggetti peraltro in concorrenza tra loro, a far propendere per un’altra strada è soprattutto il fatto che un’eventuale corsa ai riscatti sarebbe difficile da arginare, a meno di un ulteriore congelamento delle polizze, dopo quello disposto da Ivass fino a giugno, da parte del governo.

Da qui, l’ipotesi di uno spacchettamento che arriva al termine di un confronto tra tutti gli attori coinvolti e le istituzioni. Del resto, visto il danno d’immagine, lo spezzatino sembra l’unica soluzione.

L’idea sarebbe di dividere Eurovita in cinque rami d’azienda, tutti della stessa dimensione, che verrebbero rilevati dai cinque big assicurativi. In questo modo scomparirebbero la compagnia e il brand mentre i sottoscrittori delle polizze si ritroverebbero con in mano un contratto con Generali o le altre società coinvolte, con tutte le relative garanzie. Il settore assicurativo si farebbe così carico del rischio assicurativo e dei costi connessi all’integrazione del ramo d’azienda (come la gestione del personale).

Sul piatto ci sarebbero 500 milioni di euro. Una cifra addirittura superiore rispetto al vecchio piano di salvataggio. A spingere in questa più onerosa direzione è che con un aumento di capitale da 300 milioni, il Solvency ratio, un indicatore della solvibilità delle imprese assicurative, passerebbe dall’85% attuale al 150%. Sufficiente a consentire di operare con relativa tranquillità, ma pur sempre inferiore alla media del settore in Italia, che secondo un report di Standard&Poor’s si attesta intorno al 200%.

Via libera al piano B, dunque. Che, però, non appare esente da criticità. Se la soluzione spezzatino appare piuttosto semplice per il pacchetto unit linked (vere e proprie forme di investimento il cui rendimento è collegato a quote di fondi) che valgono 6 miliardi di euro, per le gestioni separate, 9 miliardi di asset, le assicurazioni avrebbero chiesto l’intervento delle banche distributrici, ovvero Fineco, Sparkasse, Credem e Fideuram. In sostanza, gli istituti dovrebbero farsi “garanti” dei clienti ai quali hanno collocato un prodotto Eurovita. Tradotto: nel momento in cui un cliente chiedesse il riscatto della polizza, le banche subentrerebbero nel contratto per portarlo a scadenza, beneficiando dell’eventuale rendimento e rimborso del capitale.

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