SIMONA BALLATORE
Economia

Ercoli Finzi, dalle comete a Marte: "Ora tocca a un equipaggio umano"

Al via venerdì il Festival dell’Ingegneria. La scienziata 86enne: "È il momento di investire sul nostro futuro"

Ercoli Finzi, dalle comete a Marte: "Ora tocca a un equipaggio umano"
Ercoli Finzi, dalle comete a Marte: "Ora tocca a un equipaggio umano"

Prima ingegnera aeronautica d’Italia, c’è anche un asteroide che porta il suo nome, a indicare quanto abbia inciso nelle scoperte spaziali, a partire dalla missione Rosetta. Il tutto senza rinunciare ad altre stelle: 5 figli, 7 nipoti. Amalia Ercoli Finzi è ancora al lavoro per Marte e per diffondere la passione per la scienza alle nuove leve. Per questo sarà in prima linea venerdì, al festival dell’Ingegneria del Politecnico di Milano, per il quale QN e Il Giorno sono media partner.

Quando ha iniziato nelle aule del Politecnico si contavano cinque studentesse su 650 iscritti. Quanto è stato faticoso essere apripista?

"Ci voleva coraggio. Ma già allora valeva il merito. Ero brava, i miei compagni mi rispettavano. Anche se dopo i primi bei voti ho perso tutti i miei ammiratori (sorride, ndr). I problemi sono venuti dopo: fare carriera in qualunque campo è sempre stato più difficile per una donna" .

Cos’è cambiato da allora?

"Ci sono più studentesse anche se non sono ancora tantissime, ci sono meno difficoltà di ambientamento: chi è brava va avanti. Gli ostacoli sono diminuiti, ma non sono scomparsi. Io non ho avuto “mentor“ da seguire, un angelo custode che si fidi di te e ti indichi la strada, mostrando gli studi possibili, le figure professionali che si cercano. Nel mio piccolo cerco di esserlo per le studentesse. E che soddisfazione vederle poi nei centri di ricerca più importanti".

Qual è lo stato di salute della ricerca in Italia?

"Stiamo facendo passi da giganti: abbiamo donne e uomini con idee meravigliose, dobbiamo trovare il tempo di raccontarle di più al pubblico, facendo capire le ricadute e l’impatto delle nostre ricerche. Di qui la necessità anche di un Festival dell’Ingegneria".

E di finanziamenti.

"Punto dolente. Io ho lanciato una proposta: la spesa per la ricerca dovrebbe avere una percentuale fissa del Pil. Per una nazione come l’Italia è il futuro. Un Paese che non finanzia la ricerca è destinato al fallimento".

Qual è l’invenzione che ha cambiato il suo modo di vedere il futuro?

"Ricordo ancora il giorno in cui nell’ottobre del 1954 andai a casa dei vicini a vedere per la prima volta la televisione. Trasmettevano “Lorenzaccio“, un dramma di De Musset. Per me è stato il teletrasporto. Avevo 17 anni: ho capito che cominciava una nuova Era e che avremmo imparato tanto, nel bene e nel male".

E fra le sue scoperte, quale la ha emozionata di più?

"Trovare sulla superficie della cometa molte molecole organiche. Non una o due: c’erano i mattoni della vita. Non è sbagliata l’idea che le comete abbiano portato in giro la vita per il Sistema Solare. La missione Rosetta ha preso vent’anni della mia vita, è stato un grande parto, ma da lì ho visto diverse cose e che l’Europa esiste. Tanti Paesi europei hanno saputo lavorare insieme per atterrare sulla superficie della cometa e studiarla. Da donna di fede poi mi son detta: io posso arrivare fin qui, adesso tocca al Padre Eterno. E mi ha ascoltata".

Oggi è al lavoro anche per Marte. A che punto siamo?

"L’obiettivo è mandare un equipaggio umano, non tanto dispositivi automatici per i quali adesso ci vorrebbero semafori. L’unico modo per riuscirci è impegnare tutte le conoscenze e competenze che ci sono, per garantire il viaggio, la difesa dalle radiazioni, la possibilità di costruire su Marte il combustibile per tornare a terra. Ed è necessario risolvere infiniti problemi, anche quelli psicologici. Nelle migliori delle ipotesi parliamo del 2038-39. Io non lo vedrò, sarò dall’altra parte: sarò direttamente su Marte a dare una mano agli astronauti".