Martedì 23 Aprile 2024

Eni sorpassa la fusione nucleare. Un magnete ricrea l’energia del Sole

Test eseguito con successo, entro il 2025 il primo reattore sperimentale. "La produzione sarà green. E infinita"

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di Elena Comelli

Per la fusione nucleare mancano sempre vent’anni dalla metà del secolo scorso, è la battuta corrente tra i fisici quando si solleva l’argomento. Ma il test condotto da Commonwealth Fusion Systems, una startup bostoniana di cui l’Eni è il maggiore azionista, potrebbe dare la spinta giusta per accorciare i tempi di attesa. "Un risultato straordinario" verso l’obiettivo di avere energia pulita e "virtualmente inesauribile", copiando quello che avviene all’interno del Sole: così l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, commenta il successo del test, il primo al mondo, "del magnete con tecnologia superconduttiva Hts (HighTemperature Superconductors) che assicurerà il confinamento del plasma nel processo di fusione magnetica", è spiegato in una nota del gruppo energetico. La fusione a confinamento magnetico, precisa Descalzi, "occupa un ruolo centrale nella ricerca tecnologica di Eni finalizzata al percorso di decarbonizzazione, in quanto potrà consentire all’umanità di disporre di grandi quantità di energia prodotta in modo sicuro, pulito e virtualmente inesauribile e senza alcuna emissione di gas serra, cambiando per sempre il paradigma della generazione di energia". L’obiettivo adesso è avviare entro il 2025 il primo reattore sperimentale.

La tecnologia oggetto del test potrebbe contribuire alla realizzazione di impianti molto più compatti ed efficienti. Basti pensare che un grammo del combustibile produce la stessa energia di oltre sessanta barili di petrolio. Contrariamente alla fissione, la fusione sprigiona energia unendo gli atomi, senza scorie e senza le radiazioni pericolose della fissione.

La forza di gravità schiacciante al centro del sole fonde gli atomi in quello che è noto come plasma, un gas caricato elettricamente in cui le particelle subatomiche possono muoversi liberamente. Senza l’estrema gravità del nucleo solare, la creazione del plasma sulla Terra richiede temperature molto più elevate del sole, fino a 150 milioni di gradi. Il calore viene generato attraverso potenti magneti, sparando particelle ad alta energia nel reattore e fulminandole con onde ad alta frequenza. Gli atomi di due isotopi di idrogeno vengono così schiacciati insieme per superare la forza che normalmente porta i nuclei atomici a respingersi. Quando i loro nuclei collidono, fondendosi per formare l’elio, i neutroni rilasciati nel processo vengono convertiti in energia. Il problema è che finora i reattori a fusione consumano più energia di quanta ne producano.

Commonwealth Fusion Systems è una delle startup più promettenti nella corsa per superare questo problema. Fondata nel 2018 come spinoff dell’Mit di Boston da Brandon Sorbom e altri colleghi del Plasma Science and Fusion Center, Cfs è cresciuta rapidamente fino a un centinaio di dipendenti, grazie ai finanziamenti, oltre a Eni, di Bill Gates, Jeff Bezos e altri investitori, dai quali ha raccolto finora 200 milioni di dollari.

L’obiettivo è costruire un reattore Arc in grado di produrre tre volte l’elettricità necessaria per alimentarlo. Superato brillantemente il test dei suoi super-magneti, la prossima tappa per Cfs è lo sviluppo entro il 2025 di Sparc, una macchina che dimostrerebbe l’efficacia della fusione "compatta", per arrivare a un reattore commerciale a partire dal 2030.

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