Embraco, Calenda a Bruxelles: "Verificare su aiuti di stato. Non molliamo"

Il ministro: "Ho detto 'gent...' e mi sono fermato. La sostanza rimane". E immagina un fondo per evitare le fughe all'estero. Un operaio incatenato ai cancelli

Caso Embraco, un lavoratore si incatena ai cancelli (Ansa)

Caso Embraco, un lavoratore si incatena ai cancelli (Ansa)

Bruxelles, 20 febbraio 2018 -  Caso Embraco, Carlo Calenda passa al contrattacco. E vola a Bruxelles: "Chiederò alla commissaria Vestager di verificare se le norme per attrarre investimenti in Slovacchia sono considerabili aiuti di Stato", aveva annunciato stamattina a Radio Anch'io, affrontando il caso dell'azienda brasiliana che migra in Slovacchie e non intende fare marcia indietro sui licenziamenti dello stabilimento di Riva di Chieri, in Piemonte, nonostante la disponibilità del governo a cercare soluzioni alternative.

E intervistato dal Corriere della Sera il ministro ha immaginato un fondo per evitare le fughe all'estero delle aziende, denunciando: "La situazione sleale dell'Est è intollerabile. Se un lavoratore è pagato la metà di quello italiano, noi non possiamo competere ad armi pari visto che questi Stati hanno pari accesso al mercato europeo. Questo è il nodo su cui si deve intervenire". Dopo l'incontro con la Vestager, Calenda ha assicurato: "Non molliamo, stiamo lavorando a tutti i livelli, qua a Bruxelles e con Invitalia, che è partita con la mappatura di progetti alternativi".

Intanto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ribadisce la linea e sottolinea che il ministro Calenda alla Vestager "ha fatto una legittima richiesta di controllo" sulla possibile esistenza di aiuti di Stato illegali concessi dalla Slovacchia, ancor più dal momento che "l'Italia spesso è stata accusata di violare la disciplina degli aiuti di Stato". Ora quindi si verificherà "che questa disciplina sia rispettata anche da altri Paesi". E ancora: "È una questione che ha a che fare con il rispetto degli aiuti di Stato, cosa che è stata chiesta a noi in molte occasioni, bancarie, sull'Ilva e così via. Siccome noi rispettiamo le regole ci aspettiamo che anche gli altri partner lo facciano".

E non si placa la rabbia dei lavoratori dopo la conferma dei 500 licenziamenti. Gli operai sono ai cancelli a manifestare e uno di loro - Daniele Simoni, da 25 anni operaio presso Riva di Chieri - si è incatenato ai cancelli della fabbrica. "Non voglio mollare, è la mia fabbrica che mi ha dato da mangiare per 25 anni, finché c'è uno spiraglio non mollerò", spiega. I dipendenti Embraco hanno l'appoggio dei sindacati europei. "Faremo tutti i passi possibile per bloccare l'operazione: basta con questa 'prateria delocalizzatrice'", incalza Luca Visentini, segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces). "Bisogna anche rafforzare e semplificare il fondo Ue creato per compensare gli effetti della globalizzazione". 

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LA DEROGA - In particolare il titolare del Mise chiederà alla commissione per la concorrenza Ue una deroga ai trattati per singoli casi, come quello di Embraco. "Ci sono condizioni che sono strutturali", per cui alcuni Paesi in una diversa fase di sviluppo come la Polonia hanno un costo del lavoro più basso: "Io non potrei - ha detto il ministro a Radio anch'io - fare una norma che dice che per Embraco il costo del lavoro è un x più basso, perché sarebbe un aiuto di Stato. Ma penso si possano interpretare i trattati nel senso di dire che in questo specifico caso, cioè di un'azienda che si muove verso la Slovacchia, verso la Polonia, questa normativa può essere derogata. Vedremo quale sarà la risposta della Vestager".

E al Corsera: "Quando c'è un Paese che offre un pacchetto di finanziamenti localizzativo anche conforme agli aiuti di Stato, ma che beneficia di condizioni più favorevoli, io devo essere in grado di operare al di fuori degli aiuti di Stato e offrire le medesime condizioni, ma voglio capire il perimetro entro cui posso dare applicazione pratica di questa misura". Il ministro poi si dice stanco di vertici inutili: "Embraco ha la nostra proposta, se tornano indietro siamo disponibili a prenderli in considerazione, ma io altre riunioni che si chiudono con 'forse..', 'ma..' non ne faccio più".

"Ci vuole un globalization adjustment fund, un fondo di reindustrializzazione che prevenga le delocalizzazioni e metta pacchetti che vadano oltre la normativa sugli aiuti di stato per chi vuole andare a produrre altrove in Europa in condizioni di vantaggio legate al diverso grado di sviluppo dei Paesi", specifica ancora il titolare del Mise.

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QUEL 'GENTAGLIA'... - Il ministro poi si difende per il linguaggio 'colorito' usato ieri. "Ho detto 'gent...' e poi mi sono corretto", precisa durante un'intervista a Radio 24 rispondendo alla domanda se davvero abbia definito 'gentaglia' la controparte Embraco. Ma poi sottolinea: "Detto questo la sostanza non cambia perché il comportamento è totalmente inaccettabile" e continua spiegando: "la questione qui non era la decisione di Embraco di chiudere, ma darci la possibilità attraverso la cassa integrazione di cercare una reindustrializzazione che è possibile perché ci sono delle proposte da parte impeditori. Avevano preso questo impegno con me, insieme siamo andati dai sindacati, abbiamo confermato l'impegno e poi hanno incominciato un balletto di retromarcia, di interpretazioni, i loro consulenti, peraltro italiani, hanno incominciato a dire no attenzione, non potete accedere alla cassa. Oggi gli ho detto vi faccio io una lettera in cui vi garantisco che avete tutti i requisiti per accedere alla cassa, vi rassicuro da questo punto di vista e la risposta è stata no perché abbiamo già annunciato ai mercati che licenziamo e io non li ho voluti incontrare e li ho mandati a casa perché è un modo di fare che è del tutto inaccettabile".

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ILVA E ALITALIA - A Radio Anch'io Calenda parla anche di altre aziende: "Questa cosa che Alitalia e Ilva sono state messe sotto il tappeto (per le elezioni, ndr.) è destituita di ogni fondamento. Alitalia oggi ha una gestione che è migliorata, non ha toccato un euro del prestito dello Stato. Era tutta mia intenzione chiudere il prima possibile, ma i pretendenti, cioè Lufthansa e Air France, vogliono attendere le elezioni per avere un chiaro scenario politico. Io non le posso obbligare a comprare".   E continua: "Alitalia deve essere venduta perché da sola non ce la fa a stare in piedi soprattutto ora che c'è un competitor" come Air Italy, che, comunque, è un "ottimo segno". "Ilva è una questione diversa, c'è un cosiddetto arbitrato in corso, che ha i suoi tempi e che si conclude dopo le elezioni, e c'è un negoziato coi sindacati, che è molto complesso".

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