Fondo pensione Nove milioni ce l’hanno già

PIÙ DI 9 MILIONI di italiani ne hanno uno e finora vi hanno investito complessivamente oltre 200 miliardi di euro. Stiamo parlando dei fondi pensione e dei pip (piani individuali pensionistici), cioè i prodotti finanziari che servono per costruirsi una rendita di scorta in vista della terza età, integrativa degli assegni previdenziali pagati dall’Inps, cioè dallo Stato. Chi aderisce ai fondi pensione versa periodicamente una parte della propria retribuzione, che viene investita da una società di gestione del risparmio sui mercati finanziari. Il capitale si accumula negli anni e matura dei rendimenti. Una volta raggiunti i requisiti per ottenere la pensione dell’Inps, il lavoratore può anche convertire il capitale maturato con i fondi della previdenza integrativa in una rendita di scorta, che si aggiunge appunto a quella pagata dallo Stato. In alternativa, gli aderenti ai fondi pensione possono riscattare subito, alla data di ritiro dal lavoro, il 50% del capitale maturato con i fondi e trasformare in una rendita la restante metà.

I soldi versati nella previdenza complementare restano dunque blindati per molti anni e non possono essere riscattati prima del pensionamento se non per ragioni straordinarie, per esempio in caso di malattia grave, di invalidità, di perdita dell’occupazione o di acquisto della casa. Soltanto a distanza di otto anni dai primi versamenti, il sottoscrittore dei fondi può riscattare una parte del capitale (fino al 30%) senza alcun giustificativo di spesa. Attualmente, in Italia esistono tre diverse categorie di prodotti pensionistici integrativi. I più diffusi sono i fondi pensione chiusi o negoziali, che sono riservati esclusivamente i lavoratori dipendenti, i quali possono destinarvi il proprio Tfr (trattamento di fine rapporto), cioè la quota di retribuzione annua (il 7% circa) accantonata tradizionalmente per la liquidazione. Per i lavoratori autonomi che non hanno uno stipendio fisso ci sono invece i fondi pensione aperti (venduti prevalentemente dalle banche e dalle reti di consulenti finanziari) oppure i pip (piani individuali pensionistici) che sono polizze collocate sul mercato dalle compagnie assicurative. Va ricordato che i fondi e le polizze della previdenza integrativa hanno dei rendimenti che fluttuano nel tempo, poiché investono appunto i soldi del lavoratore sui mercati finanziari e sono esposti alle oscillazioni delle borse e dei listini internazionali. Ci sono i fondi con un portafoglio composto prevalentemente da azioni, che possono subire perdite consistenti nel breve periodo quando i mercati attraversano una fase negativa ma hanno buone chance di avere rendimenti sopra la media nel medio lungo periodo. Proprio per questa ragione, i fondi pensione azionari vengono consigliati soprattutto ai lavoratori giovani, che hanno davanti ancora molti anni di carriera prima di mettersi a riposo. Per i loro colleghi più anziani, che hanno meno di una decina d’anni alla data del pensionamento, viene suggerita l’adesione a fondi con rendimenti meno volatili come gli obbligazionari e i bilanciati, che investono anche una parte del patrimonio in titoli di stato e bond. La maggior parte dei fondi pensione e dei piani previdenziali integrativi non offre la garanzia di un rendimento minimo. Tutto dipende dall’andamento dei mercati, le cui performance non possono ovviamente essere previste con certezza in anticipo. Esistono però alcuni fondi e polizze che riconoscono il diritto ad avere un rendimento minimo alla scadenza (cioè alla data del pensionamento) o almeno a vedersi restituito l’intero capitale versato, anche nel caso di eventuali perdite.