Sabato 20 Aprile 2024

Draghi si impone: alle Ferrovie va Ferraris

Nuove nomine, il premier aggira i partiti e sceglie manager di fiducia. La Giadrossi presidente di Fs. Oggi tocca a Cdp: ipotesi Scannapieco

Mario Draghi (Imagoeconomica)

Mario Draghi (Imagoeconomica)

Il sigillo di Draghi sulla prima tranche di nomine. Quella politicamente più ghiotta – la Rai – si farà a giugno, ma oggi si gioca una mano persino più importante: la Cassa depositi e prestiti. Preceduta di qualche ora dall’ufficializzazione da parte del ministero dell’Economia del cambio ai vertici delle Ferrovie: il nuovo amministratore delegato è Luigi Ferraris, un passato ai vertici operativi di Enel, Poste e Terna, mentre la presidente è Nicoletta Giadrossi, già nel cda di Fincantieri. Una partita che il presidente del consiglio sta giocando in prima persona con l’obiettivo di scegliere soggetti competenti, di provata affidabilità istituzionale e lontani dai partiti. SuperMario non ha mai nascosto l’insofferenza per il metodo fin qui seguito, che prevedeva una concertazione con le forze politiche nella scelta dei manager pubblici. Ecco perché la palla la gestisce lui, assieme al ministro dell’Economia Daniele Franco – che ieri ha incontrato a Palazzo Chigi – e al direttore generale dello stesso Mef, Alessandro Rivera.

Ma non è una questione solo di metodo: Draghi vuole figure di sua fiducia in tutto il vasto comparto del Pnrr. E le Ferrovie, con oltre 30 miliardi a disposizione e l’arrivo dell’Alta velocità al Sud sono in posizione centrale. Mai quanto la Cdp: ovvero Cassa depositi e prestiti, che rappresenta una postazione strategica per l’economia italiana, ma che è destinata ad assumere un ruolo ancora più importante nella sfida del Recovery plan. Ragion per cui Draghi punta su Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei e presidente del Fei (due delle leve con cui l’Ue investe in aziende e amministrazioni europee) come amministratore delegato a fianco del presidente Giovanni Gorno Tempini, confermato dalle fondazioni ex bancarie. Qualche ostacolo in realtà c’è, con i cinquestelle di Conte a mettersi di traverso, e a insistere sulla conferma di Fabrizio Palermo. Lo fanno un po’ perché non gradiscono d’essere scalzati da tutte le posizioni di potere che avevano occupato come partito di maggioranza relativa nei due governi Conte. Un po’ perché temono di perdere ogni presa sulla gestione dell’economia e dunque anche ogni possibilità di recuperare il rapporto con la loro base sociale. Ma è difficile credere che il presidente del consiglio rinunci per l’importanza che la casella riveste nella sua strategia, per il rapporto che lo lega a Scannapieco (è stato uno dei "Draghi boys") ma anche perché proprio questo manager era in pole position tre anni fa per il medesimo incarico, salvo poi essere soppiantato all’ultimo momento dal "rinnovamento pentastellato".

L’ultima parola verrà detta oggi: è probabile che Palermo plani al vertice di un’altra partecipata, circolano voci di una staffetta a Invitalia con Domenico Arcuri. Già: per quanto centrale, questa mano non chiuderà la lunghissima partita delle nomine. Circa 500 poltrone sono in scadenza nelle prossime settimane, comprese quelle a Viale Mazzini. L’assemblea si riunirà in seconda convocazione il 14 giugno ma in Rai la fibrillazione è da settimane oltre il livello di guardia. Su questo fronte è probabile che il presidente del consiglio si tenga relativamente ai margini: dica la sua sull’amministratore delegato, lasciando ai partiti l’eterno compito di spartirsi il servizio pubblico.

 

 

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