Giovedì 18 Aprile 2024

Donne, giovani e digitale La sfida del private banking

Uno studio di McKinsey indica le strategie per il futuro

Migration

di Andrea Telara

Gestiscono una montagna di soldi e finora hanno macinato anche un mucchio di ricavi e profitti. Ma, nei prossimi anni, il trend potrebbe invertirsi con una erosione dei margini di redditività. È la prospettiva disegnata in Europa dagli analisti per le private bank, cioè le banche e gli intermediari specializzati nella gestione dei patrimoni degli investitori più benestanti, quelli in possesso di una ricchezza finanziaria superiore a 500mila euro a testa.

Queste previsioni sono contenute in un report pubblicato nelle scorse settimane da McKinsey, con il titolo: The future of private banking in Europe: Preparing for accelerated change (il futuro del private banking in Europa: prepararsi a un cambiamento accelerato). Nel report, gli analisti di McKinsey giungono sostanzialmente a una conclusione: la crisi finanziaria generata dalla pandemia del Covid-19 avrà sicuramente un effetto non positivo sull’industria del private banking, che finora è stata un po’una gallina dalle uova d’oro per il settore finanziario.

Il trend al ribasso dei profitti è iniziato però già prima di questo 2020 funesto. La tendenza è infatti di durata decennale e si è manifestata ampiamente nel 2019, quando la redditività delle private bank europee ha subito una battuta d’arresto tutt’altro che trascurabile. Nello specifico, secondo le stime di McKinsey, i profitti delle private bank sono scesi dell’1,5% nell’anno passato, attestandosi sui 13,3 miliardi di euro contro i 13,5 miliardi di euro del 2018. In rapporto al totale del patrimonio gestito dalle private bank del Vecchio Continente (i cosiddetti asset under management) i margini di redditività netta hanno raggiunto il minimo storico di 21 punti base (basis point) nel 2019, contro i 22 punti base dell’anno precedente. Tradotto in soldoni, ciò significa che gli intermediari specializzati nel private banking portano a casa ogni anno 21 centesimi di profitto, su ogni 100 euro di patrimonio gestito per conto dei clienti.

Nel 2007, prima della grande crisi finanziaria provocata dal crack della banca d’affari Lehman Brothers, il margine di redditività netta era quasi il doppio, pari a 35 punti base, cioè 35 centesimi di profitto su ogni 100 euro di asset della clientela. Nel primo trimestre del 2020, le cose sono andate un po’ meglio: benché il patrimonio gestito complessivamente dal private banking europeo si sia ridotto a causa del calo dei mercati azionari (-10%), i profitti sono aumentati del 7% e i margini di redditività sono ritornati sopra i 23 punti base, un livello più alto rispetto ai 12 mesi precedenti.

Questo parziale recupero, secondo l’analisi di McKinsey, è dovuto principalmente all’intensificarsi delle attività di trading, cioè di compravendita di titoli e di altri strumenti finanziari sul mercato, guadagnando sull’aumento del numero di commissioni. Quest’ultime rappresentano però fonti di ricavi volatili. Nel medio e lungo periodo, secondo McKinsey, i ricavi e i profitti nel settore del private banking sono destinati a rimanere sotto pressione. Come fronteggiare tale fenomeno? La multinazionale americana della consulenza ha indicato alcune possibili strategie. Innanzitutto, le private bank devono prendere atto che si sta facendo spazio sul mercato una nuova generazione di investitori, più giovane dei clienti già acquisiti e più aperta alle nuove tecnologie. Per questo anche chi gestisce il patrimonio delle famiglie più ricche deve adottare una strategia multi-canale, dialogando con gli investitori anche attraverso strumenti digitali e non soltanto con le modalità tradizionali (nelle filiali o con le reti di consulenti). Inoltre, le stesse private bank devono utilizzare la tecnologia anche per ridisegnare il proprio modello operativo, cioè dotarsi di una struttura snella che, grazie anche a una certa flessibilità della forza-lavoro, riesca a gestire i costi aziendali.

Infine, gli operatori del settore devono anche ripensare la propria offerta, adottando un approccio che viene definito "olistico" nel creare valore per la clientela. Ciò significa che un banker, nel gestire la ricchezza di un cliente di fascia alta, non deve prendere in esame soltanto gli aspetti meramente finanziari ma considerare altri fattori: per esempio analizzare come si compone il patrimonio complessivo della famiglia (compresi gli immobili) e vedere quali sono le sue esigenze e le sue dinamiche coniugali. Non va dimenticato, infatti, che spesso nelle decisioni d’investimento della famiglia le donne hanno un ruolo importantissimo, benché per le statistiche il mondo finanziario sia frequentato per lo più dagli uomini.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro