Venerdì 8 Novembre 2024
ILARIA BEDESCHI
Economia

Bolkestein, a che punto siamo sulle concessioni balneari italiane

La direttiva europea sarebbe dovuta entrare in vigore l’1 gennaio 2024. È stata rinviata, ma il suo arrivo incombe ancora

Il caso delle concessioni balneari

Il caso delle concessioni balneari

Quello delle concessioni balneari, e la scure della direttiva Bolkestein, è da decenni un tema complesso, dibattuto, talvolta messo da parte per poi risvegliarlo in occasione di pronunce di giudici o impugnazioni. Ora si è giunti al momento del collo di bottiglia perché la scadenza è alle porte. Il decreto Milleproroghe ha rinviato tutto a dicembre 2024. Ma di lì, questa volta, indietro non si torna. L’evidenza pubblica per il rinnovo delle concessioni pare confermata come via obbligatoria perché - ormai - il rinnovo automatico non è più possibile. Dalla gerarchia delle fonti, infatti, non si scappa e l’Europa ha deciso da molti anni. Ora si può tentare solo con qualche cavillo legale per salvaguardare le imprese balneari che hanno già delle concessioni.

Un passo indietro

Nel 2021 il Consiglio di Stato aveva fissato la data del 31 dicembre 2023 come termine ultimo per riassegnare le concessioni balneari tramite procedure ad evidenza pubblica stabilendo anche che, eventuali proroghe, sarebbero state a ogni modo invalide. Per cercare di trovare una soluzione – ma anche perché l’evidenza pubblica richiede tempi amministrativi dove saranno le regioni a entrare probabilmente in campo dato che la materia rientra tra quelle ripartite – l’attuale Governo ha prolungato la scadenza fino al dicembre 2024 all’interno del Decreto Milleproroghe al fine di procedere a una mappatura delle spiagge libere e occupate. Una via scivolosa ma che ambisce ad un cavillo giuridico che, in questo momento, pare essere una soluzione per taluni convincente.

Mercato delle concessioni, i numeri

In Italia sono 26.313 le concessioni censite dal sistema informativo del demanio, 15.414 delle quali ad uso turistico-ricreativo (il 58,6% del totale, anche se occupano appena lo 0,50% dell'area demaniale complessiva). Queste ultime sono caratterizzate dalla ridotta dimensione della superficie occupata: il 72,3% non supera i 3mila metri quadri e il 94,9% i 10mila. Tra loro ci sono le imprese balneari: sono 6.592 tra marittime, lacuali e fluviali e impiegano, nei mesi di alta stagione, 60mila addetti (43mila dei quali dipendenti). Sono attive soprattutto in Emilia Romagna (14,7%), Toscana (12,9%) e Liguria (11,4%). È questo il quadro che emerge dallo studio realizzato da Nomisma per conto del Sindacato Italiano balneari e di Fipe-Confcommercio.

Molto, forse troppo eterogeneo

La questione nodosa che si infila in quella già complessa della direttiva Bolkestein, è la natura eterogenea dell’area demaniale costiera. In alcuni punti le strutture balneari da decenni investono in stabilimenti balneari, spesso a conduzione familiare con un’alta concentrazione (si pensi all’Emilia Romagna, al Veneto e alla Liguria) altre coste, invece, sono completamente libere. Stando alla stessa ricerca, i servizi tradizionali - spiaggia, parcheggio e noleggio delle attrezzature - contribuiscono a generarne la metà, mentre quelli relativi alla somministrazione (bar e ristoranti) generano una quota addizionale intorno al 48% del totale. Si tratta di imprese estremamente dinamiche: almeno una su tre ha introdotto nuovi servizi a partire dal 2000. Quanto agli investimenti, nel biennio 2020/2022 oltre il 60% delle imprese ha acquistato attrezzature e arredi e circa il 50% strutture amovibili.

La Direttiva

Il ‘terremoto’ era arrivato con la direttiva europea Bolkestein sui servizi del 2006, recepita in Italia nel 2010. L’articolo 12 della direttiva stabilisce che, laddove il numero delle concessioni sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, il rilascio deve avvenire tramite gara, per una durata limitata, senza rinnovo automatico e senza preferenze per il precedente concessionario; con la possibilità di parziali deroghe rispetto ai predetti principi solo in particolari settori e per particolari esigenze di interesse pubblico.

Uno spiraglio: la via della ‘scarsità delle risorse naturali’

Uno dei temi da sempre dibattuti, con l’entrata in scena della Bolkestein, è stato quello di un censimento delle aree demaniali. Il Tavolo Tecnico istituito dall’attuale governo per una mappatura nazionale dice che 33% circa delle aree demaniali delle coste, un terzo del totale, è in concessione. Il 67% delle coste italiane è dunque libero. Ça va sans dire che se il 67% delle sono spiagge libere non può esservi scarsità di risorsa. Dunque, si potrebbe evitare di applicare la Bolkestein sulle concessioni esistenti agendo invece sulle concessioni libere che sono, appunto, il 67%. Una via non certa ma che rappresenta un appiglio giuridico per aprire quantomeno un dialogo con l’Europa. Insomma, l’incertezza regna ancora.

La direttiva Bolkestein in sintesi

La direttiva Bolkestein è un atto approvato dalla Commissione europea nel 2006 e recepito nell’ordinamento italiano nel 2010. L’obiettivo è favorire la libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere tra i vari Paesi. L’idea è che qualsiasi cittadino appartenente all’Ue possa proporre all’interno dell’Unione Europea la propria attività. Nell’aprile 2023 la Corte di giustizia europea aveva ribadito il concetto del 2016 ossia che ‘Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente’.