Dipendenza da smartphone: in Sardegna il primo tour operator per il 'digital detox'

Esistenze iperconnesse, tocchiamo lo schermo oltre 2.100 volte al giorno. ‘Logout Livenow’ propone esperienze di disintossicazione digitale

Cellulari e smartphone

Cellulari e smartphone

Prenderlo in mano per controllare le notifiche è il nostro primo gesto della giornata, immediatamente dopo il risveglio. Da quel momento, lo sbloccheremo almeno altre cinquanta volte fino a sera e toccheremo lo schermo più di 2.100 volte.

Definire ‘morboso’ il rapporto che abbiamo instaurato con il nostro smartphone – e, più in generale, con i dispositivi digitali – è ormai riduttivo: usufruiamo costantemente di servizi online (dalla spesa a domicilio all’internet banking), entriamo e usciamo dalle riunioni di lavoro via Zoom, postiamo di frequente sui social network e, tramite i sistemi di domotica, riusciamo a monitorare anche i consumi domestici.

L’intera condizione umana è andata incontro a un mutamento epocale: il confine tra reale e virtuale è stato progressivamente eroso, fino a scomparire del tutto. A tal proposito, Luciano Floridi, filosofo e professore di filosofia ed etica dell’informazione all’università di Oxford, ha coniato il fortunato termine ‘onlife’: secondo Floridi, nel mondo iper-connesso in cui ci troviamo ad abitare, l’essere umano non è più in grado di distinguere tra vita ‘online’ e ‘offline’, tra analogico e digitale. Il neologismo rappresenta la natura ibrida delle nostre esperienze quotidiane e l’infinita connessione con i sistemi di informazione digitale che caratterizza le nostre vite. La dimensione vitale, sociale e comunicativa, lavorativa ed economica si è trasformata radicalmente, in una continua interazione tra realtà materiale e realtà virtuale.

Si parla spesso anche di ‘infosfera’: il termine, ripreso da Floridi nei primi anni Duemila, fu usato per la prima volta nel 1971, in un articolo del Time magazine, per descrivere la ‘nube’ di informazioni, intrattenimento, pubblicità e cliché giornalistici in cui l’umanità era stata catapultata con l’avvento dei mezzi di comunicazione di massa. "Galleggiamo in un’immensa infosfera, in cui essere connessi è diventato parte della nostra quotidianità", ha scritto Floridi, sottolineando che, oggi, un’esperienza virtuale può proseguire e avere concrete ripercussioni nel mondo reale, mentre ciò che avviene online non è più o meno vero di ciò che avviene offline. Fisico e digitale sono intrecciati così profondamente che riusciamo già a saltare nella dimensione di ‘realtà aumentata’ attraverso dispositivi indossabili, come occhiali o visori: basti pensare al metaverso e alla rivoluzione innescata dal web 3.0. Essere sempre connessi alla rete e interagire indifferentemente con organismi biologici o artefatti ingegnerizzati (basti pensare ai chatbot e ai robot che coadiuvano gli esseri umani in diverse attività) fa parte della nostra ‘nuova normalità’.

Per arginare i rischi derivanti dall’iperconnessione – dall’ansia alla depressione, fino al workaholism, la dipendenza patologica dal lavoro - c’è chi invoca il ‘digital detox’, la disconnessione totale dai dispositivi per alcune ore al giorno, o per più giorni. A questo proposito, in Sardegna è nato addirittura un servizio di tour operator, denominato ‘Logout Livenow’, che propone esperienze di benessere di ogni tipo, dalle escursioni in e-bike alle camminate nei boschi. A patto, però, che gli ospiti depositino i propri dispositivi nella cassaforte della struttura scelta come punto d'appoggio: dello smartphone ci si potrà riappropriare solo alla fine della vacanza.

È il primo tour operator in Europa specializzato in disintossicazione digitale. Sempre più spesso si parla, infine, di ‘diritto alla disconnessione’ a proposito delle nuove modalità di lavoro, innervate dalle nuove tecnologie: se, da un lato, lo smart working consente una migliore gestione del tempo di lavoro, slegando l’esecuzione della performance dai concetti di luogo e tempo; dall’altro lato, il lavoro agile, insinuandosi fra le mura domestiche, ha rimosso la linea di demarcazione tra vita privata e vita lavorativa. La tecnologia ci ha resi più flessibili o soltanto più reperibili?