
Che cos'è la Dichiarazione non finanziaria - Crediti: iStock
Quando si parla di Dichiarazione non finanziaria, Dnf, si fa riferimento a una rendicontazione che ha il principale scopo evidenziare le implicazioni di natura etica del business che sono integrate nella visione strategica aziendale. Si va dunque oltre i dati economici, con l’attenzione che è posta sulle azioni, le strategie e i risultati dell’impegno di una data organizzazione sui temi della sostenibilità ambientale, l’inclusione e l’equità sociale.
Dichiarazione non finanziaria, che cos’è
Nello scenario economico moderno le azione svolte dalle aziende non vengono più giudicate soltanto in relazione ai risultati economici dalla stessa conseguiti, ma si inseriscono in un ambito più grande fatto di rispetto della sicurezza e della salute (pubblica e dei propri collaboratori), dell’ambiente, dei diritti umani e di lotta alla corruzione. In un mondo in cui dunque i criteri ESG (Environmental, social, and governance) contano sempre di più, la Dichiarazione non finanziaria assume un ruolo sempre più rilevante. Questa rendicontazione, infatti, altro non è che la fotografia della Corporate Social Responsibility di un’impresa, cioè della sua responsabilità sociale e la sua capacità di affrontare in maniera proattiva le problematiche etiche e sociali.
Chi deve fare la Dichiarazione non finanziaria
La Dichiarazione non finanziaria è stato introdotta con il decreto legislativo n. 254 del 30 dicembre 2016 il quale, all’art.2, prevede che gli Eipr (Enti di interesse pubblico rilevanti), cioè le società italiane emittenti valori mobiliari quotate su un mercato regolamentato in Italia o in Ue, pubblichino questa rendicontazione di carattere non finanziario, in maniera individuale o consolidata.
L’obbligo alla pubblicazione della Dnr è esteso anche alle banche, alle assicurazioni e alle imprese di riassicurazione con più di 500 dipendenti, uno Stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro o un fatturato superiore a 40 milioni di euro.
La Dichiarazione non finanziaria volontaria
Così come previsto dall’art. 7 del decreto legislativo n. 254 del 30 dicembre 2016, la Dichiarazione non finanziaria può anche essere presentata su base volontaria da imprese e organizzazioni diverse da quelle che sono obbligate a farlo.
Anche le PMI non quotate e le microimprese non sono obbligate a presentare la Dichiarazione non finanziaria, anche se al fine di migliorare la trasparenza sul proprio operato verso clienti e soci spesso queste realtà economiche decidono di pubblicare un report sulla loro sostenibilità. Sempre più imprese, dunque, pur non essendo chiamate a muoversi nell’ottica della sostenibilità, ritengono vantaggioso per il loro business rendere noto qual è il loro impegno in merito alle questioni etiche, ambientali e sociali.
Come è strutturata la Dichiarazione non finanziaria
La Dichiarazione non finanziaria, in base ai principi di legge, deve trattare cinque specifici ambiti minimi, ovvero:
- l’environment (ambiente), con specifica all’utilizzo che è stato fatto dall’azienda delle risorse energetiche e idriche (rinnovabili e non), così come alle emissioni prodotte di gas serra e inquinanti; - il social (sociale), ovvero come l’azienda si è mossa in materia di salute e sicurezza, rischio sanitario e altre tipologie di pericoli; - la gestione del personale, indicante le iniziative aziendali adottate per contrastare lo sfruttamento del lavoro minorile e del caporalato, per migliorare l’ambiente di lavoro e per garantire inclusione e parità di genere; - i diritti umani, con tutte le azioni volte a contrastare la violazione dei diritti umani o eventuali discriminazioni; - l’anticorruzione, che specifica gli strumenti adottati per sconfiggere la corruzione attiva e passiva.
A quanto detto di aggiunge che le informazioni fornite devono essere conformi con gli standard riconosciuti a livello internazionale, specie in riferimento al Gri (Global reporting initiative).