Sabato 20 Aprile 2024

Diamo più fondi a chi produce farmaci in Italia

Bruno

Villois

Il presidente di Farmindustria, l’associazione datoriale che raccoglie le imprese produttive del farmaco, ha messo in chiaro quanto sia importante il settore per il sistema socio-economico italiano. Oltre al fatturato di 36 miliardi di euro, gli industriali del farmaco sono, in percentuale, ai vertici del pagamento delle tasse e destinano oltre il 12% del fatturato a investimenti in ricerca e sviluppo. Tutti primati che si fondono con la tutela della salute dei cittadini, che grazie al sistema sanitario nazionale e agli accordi con farmindustria, hanno a disposizione la più ampia vastità di prodotti farmaceutici per ogni tipo di patologia. Un’eccellenza imprenditoriale che mal si combina con la scarsa propensione della politica a favorire, come succede in tutta Europa, l’ampliamento delle attività, non solo di ricerca ma anche di produzione. Sono numerosi i progetti che attendono anni per ottenere le autorizzazioni di insediamento di nuovi siti, che sarebbero in grado di offrire un deciso ampliamento dell’occupazione qualificata. A questi problemi si aggiunge l’assenza di incentivi fiscali, concessi ovunque nel resto dell’Europa. Il virus ha risvegliato la massima attenzione da parte della politica ma ci siamo dimenticati che la stessa politica ha portato alla chiusura, alcuni decenni fa, dello Sclavo, uno dei maggiori produttori mondiali di vaccini che negli anni Sessanta sperimentò e realizzò quello anti poliomielite Sabin. Ripartire da capo sarebbe anche possibile se lo Stato decidesse di conferire ad alcune industrie il compito di produrre vaccini senza brevetti e di proprietà nazionale. Quanto sia oggi indispensabile fare questo tipo di operazioni, è quanto mai dubbio: mantenendo i brevetti i vaccini ci saranno sempre e comunque.

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