Giovedì 12 Giugno 2025
CLAUDIA MARIN
Economia

Figli più a lungo, nonni più tardi: così la demografia cambia i ruoli

I cambiamenti demografici (vita media più lunga, bassa fecondità, maternità tardiva) ridisegnano la mappa della vita. L’indagine di Carla Fraccini (Milano Bicocca): si rimane ‘figli’ molto più a lungo di decenni fa e aumentano i casi in cui si è nonni e figli contemporaneamente

Il trend demografico: si resta figli più a lungo, si diventa nonni più tardi

Il trend demografico: si resta figli più a lungo, si diventa nonni più tardi

Roma, 7 giugno 2025 – Si diventa nonni più tardi (quando, non sempre, ci si diventa), si resta figli più a lungo. L’insieme dei cambiamenti demografici e, nello specifico, l’allungamento della vita media, la bassissima fecondità e il posticipo della maternità, hanno modificato profondamente le età di passaggio da un ruolo familiare all’altro. A spiegare la posticipazione degli eventi life-marker e i mutamenti dei ruoli familiari è un recente studio pubblicato sul sito neodemos.it di Carla Facchini, Professoressa ordinaria di Sociologia della famiglia del Dipartimento di Sociologia, a Milano Bicocca.

Obiettivo dello studio è mettere in evidenza alcuni dei mutamenti più rilevanti a questo riguardo, utilizzando i dati che emergono dall’Indagine Istat 2016 ‘Famiglie, soggetti sociali e cicli di vita’. “Il decremento della natalità – spiega la professoressa - e la posticipazione delle età in cui si diventa genitori comportano che, attualmente, solo il 70% circa dei 40-44enni sia diventato genitore e che, anche tra i 50enni, tale condizione riguardi meno dell’80%. Se per i 40enni si può ipotizzare che possa esservi, negli anni immediatamente successivi, un qualche recupero della genitorialità, per quanto riguarda i 50enni tale recupero sembra invece improbabile e, comunque, assai contenuto. Quello che però, in questa sede, più interessa rimarcare è che i mutamenti nella genitorialità comportano che, attualmente, sia nonno meno del 40% dei 60-64enni, poco più del 60% dei 65-74enni e che, anche tra gli over 75, si superi di poco il 70%. In quest’ultima classe di età, solo una piccola minoranza è riuscita a diventare anche bisnonno: il 12,6%”. Secca la conclusione: “Si diventa, quindi, nonni sempre più tardi. E, presumibilmente, a fronte di una percentuale crescente di adulti che ‘non’ hanno figli, una quota crescente di anziani, pur avendo avuto figli, nonno non lo diventerà mai”. Ancora più consistente è stato l’impatto sulle diverse classi di età dell’aumento della speranza di vita, per restare nella condizione di “figlio”. “La fortissima contrazione della mortalità sotto i 70 anni – spiega la sociologa - ha comportato che, attualmente, fino ai 25 anni, la quasi totalità dei soggetti abbia ancora in vita sia la madre che il padre; dopo tale età, la percentuale comincia a diminuire, ma solo per quanto riguarda i padri che, comunque, sono ancora presenti nel 70% dei casi per i figli 40-44enni e nel 35% dei casi per i 50-54enni. Ancora più prolungata la permanenza in vita delle madri, dovuta sia alla loro maggiore longevità, sia al fatto che le donne sono di norma la componente più giovane della coppia coniugale. Ha la madre ancora in vita non solo la grande maggioranza degli adulti (il 90% dei 40-44enni, quasi il 70% dei 50-54enni), ma anche una parte non piccola di persone ‘quasi’ anziane (il 30% dei 60-64enni), o anziane (il 10% dei 65-74ennni). Vale a dire che si rimane ‘figli’ molto più a lungo di quanto non avvenisse ancora pochi decenni fa”. Il risultato è che, rispetto a pochi decenni fa, non solo si diventa nonni sempre più tardi, ma si rimane ‘figli’ sempre più a lungo. L’analisi della professoressa va anche oltre. “E’ sembrato interessante – avvisa - rilevare come si intreccino i due ruoli di nonno e di figlio”. Per vedere “come fino a 54 anni la grande maggioranza dei soggetti è ‘solo’ figlio/a, pochi non sono né figli, né nonni, pochissimi quelli che sono solo nonni o che ricoprono entrambi i ruoli. Anche nella classe d’età successiva dei 55-59enni, il gruppo più numeroso continua ad essere costituito da chi è ‘solo figlio’, ma comincia ad essere affiancato dal gruppo di chi non è ‘né figlio, né nonno’; inoltre, cominciano ad essere significative le percentuali sia di chi è ‘solo nonno’, sia di chi gioca entrambi i ruoli nello stesso momento. Tale tendenza si accentua tra i 60-64enni, tra i quali il gruppo più numeroso diventa quello costituto da chi non ricopre nessuno dei due ruoli; ciò che, però, sembra più interessante è che la percentuale di chi è ‘solo nonno’ non è molto superiore a quella di chi è ‘solo figlio’ (il 28,6%, contro il 21,2%) e che vi è un 13,2% che assomma entrambi i ruoli. Poi, a partire dai 65 anni, se la percentuale di chi è ‘solo nonno’ diventa progressivamente maggioritaria come è logico, rimane comunque consistente (attorno al 30%) la percentuale di chi non ricopre nessuno dei due ruoli; decisamente minoritaria e decrescente è, invece l’incidenza degli altri due gruppi”. La conclusione è che “in estrema sintesi, quindi, possiamo affermare che, da un lato, non solo i giovani, ma anche le generazioni ‘mature’ e anziane vedono una posticipazione delle transizioni nei ruoli familiari e, dall’altro, che si assiste ad una maggiore presenza di situazioni, precedentemente inusuali, in cui il ruolo di ‘nonno’ e quello di ‘figlio’ sono sovrapposti”. Non solo. Più complessivamente “i mutamenti in atto non ridisegnano solo una nuova mappa del corso della vita, ma anche i ruoli familiari stessi, ponendo i soggetti nella duplice necessità di confrontarsi con ruoli ben diversi da quelli che avevano, alla loro età, i propri genitori (ammesso che fossero arrivati all’età che hanno ora i figli…) e di elaborare, in assenza di consolidati modelli di riferimento, relazioni del tutto inedite e per nulla scontate”.