Giovedì 18 Aprile 2024

Decreto lavoro Quattro punti da integrare

Maurizio

Sacconi

Il decreto lavoro del governo corrisponde, con efficacia in parte da verificare, agli obiettivi del contrasto appropriato della povertà assoluta, della tutela del potere d’acquisto dei bassi salari, della maggiore propensione ad assumere da parte delle imprese, dell’incremento dei tassi di attività e di occupazione. La polemica sul primo maggio ricorda l’episodio evangelico dei farisei che accusano Gesù di sanare i malati nel giorno dedicato al Signore, ai quali lui risponde che il sabato è fatto per l’uomo e non viceversa. Vediamo piuttosto ciò che manca o che potrebbe poi mancare. Primo. Il costoso reddito per l’inclusione, per rivelarsi utile, deve essere affidato ai comuni e da questi alle opere assistenziali non profit al fine di verificare in prossimità l’effettivo bisogno. Secondo. Il reddito per l’attivazione al lavoro ha bisogno di nuove politiche di accompagnamento che un accordo Stato-Regioni dovrebbe realizzare attraverso i buoni lavoro, strumento necessario per mobilitare tanti intermediari, anche privato-sociali come gli enti bilaterali, rimuovendo ogni rendita burocratica dei centri pubblici. La formazione non potrà più essere a catalogo ma personalizzata nella concreta prospettiva di un’assunzione. Terzo. I contratti a termine non dovranno essere rattrappiti dalla minaccia della giurisprudenza ostile. Quindi ritorno alla acausalità del job act. Quarto. La riduzione del “cuneo” sul lavoro dovrebbe diventare strutturale. E il modo logico potrebbe consistere nell’equilibrio tra contribuzioni (oggi eccessive) e prestazioni per Inail, malattia, ammortizzatori. Quanto alla tassazione, questa si dovrebbe appiattire (con la riforma fiscale) per le parti meritevoli del salario come produttività, professionalità, scomodità.

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