Mercoledì 24 Aprile 2024

'Decreto Agosto', i fantasmi del legislatore

Il provvedimento del governo cancella un evidente errore sulla proroga per legge dei contratti a termine dei lavoratori in cassa integrazione. Ma ancora una volta lascia a carico dei datori di lavoro il peso della "cattiva legislazione"

Agostino Di Maio

Agostino Di Maio

Dopo  meno di un mese di vita esala l’ultimo respiro, con l’entrata in vigore del cosiddetto “Decreto Agosto”, la norma che dal 19 luglio obbligava le aziende a prorogare i contratti a termine per un periodo pari alla durata della fruizione degli ammortizzatori sociali eventualmente utilizzati. 

Sin da subito la soluzione era apparsa ai più gravata da pesanti dubbi di costituzionalità, ispirata ad una ratio incomprensibile e oltremodo penalizzante per le imprese (proprio per quelle più in difficoltà). Ad abundantiam  era stata anche “interpretata” in maniera estensiva dal Ministero del Lavoro con una FAQ (Frequently Asked Questions, nuova Fonte del diritto italiano) che aveva ricompreso nella proroga qualsiasi sospensione del rapporto di lavoro, come ad “ad esempio” le ferie (sic), consegnandola definitivamente all’empireo dell’opinabilità.  

Questo dietrofront, però, evoca, per molti versi, nella sua genesi e nei suoi esiti, una vicenda di qualche decennio anno fa. Era la nella notte di Natale del 2007 quando il governo pro tempore abolì improvvisamente (L. n. 247/2007). e per motivi riconducibili più ai precari equilibri tra le forze politiche che sostenevano la maggioranza che al merito, lo “staff leasing”. Si trattava in pratica della somministrazione di lavoro cosiddetta a tempo indeterminato, senza l’apposizione del termine finale alla missione di lavoro, che, sebbene garantisse contratti di lavoro più lunghi e pari retribuzioni e tutele, era invisa ad alcune minoritarie forze politiche di maggioranza e a una componente del sindacato. L’operazione, tuttavia, ebbe, anche in quel caso, poca fortuna.

I contratti di staff leasing, come detto privi di un termine finale, continuarono infatti in larghisisma parte a rimanere in piedi, garantendo salari e lavoro: come un fantasma continuarono ad aggirarsi per l’Ordinamento fino a quando, nel Natale di due anni dopo (2009), una nuova legge (la n.191 del 2009) resuscitò un istituto che oggi rappresenta una delle forme di lavoro più moderne e tutelate.

Anche nel dietrofront di oggi ci sarà probabilmente da fare i conti con gli spettri creati da un Legislatore frettoloso. Nonostante la cancellazione della norma, infatti, rimangono tutte da esplorare le conseguenze giuridiche che essa ha comunque determinato per il periodo in cui è rimasta in vigore. Si sono perfezionate situazioni giuridiche soggettive, sia in capo alle aziende sia per platee assai differenziate di lavoratori, che produrranno i propri effetti: primo fra tutti l’incremento dell’incertezza e con essa del contenzioso.

Si è posto rimedio con un tratto di penna ad un errore evidente, insomma, ma il prezzo da pagare sarà presumibilmente alto sul fronte della certezza del diritto.  

Eppure, proprio in una fase particolarmente difficile come quella che stiamo vivendo, e che sarà ancora più complicata in autunno, l’affidabilità del quadro normativo e la razionalità del Legislatore sono fattori strategici di successo irrinunciabili. E anche su quel terreno occorrerà fare la differenza, con buona pace dei fantasmi di tutti. 

* Direttore generale di Assolavoro 

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