
Il tavolo del G7 in Canada. Al centro Ursula von der Leyen (presidente della Commissione europea), poi in senso orario: Antonio Costa (presidente del Consiglio europeo), Shigeru Ishiba (premier del Giappone), Giorgia Meloni (presidente del Consiglio dell’Italia), Emmanuel Macron (presidente della Repubblica francese), Mark Carney (premier del Canada), Donald Trump (presidente degli Stati Uniti), Keir Starmer (premier del Regno Unito) e Friedrich Merz (cancelliere tedesco)
L’attesa è per un possibile, ma non scontato, vertice nella notte canadese di Kananaskis, tra Donald Trump e Ursula von der Leyen. A loro due innanzitutto (ma non solo) è affidata la traduzione ufficiale di quello che per tutta la giornata di ieri è stato anticipato informalmente come l’accordo o la pre-intesa sui dazi tra Europa e Usa. O, a ben vedere, come l’inizio del percorso che può sbloccare la partita in corso da mesi. Il tycoon è sbarcato in Canada con un’ampia delegazione di governo, compreso il segretario al Tesoro Scott Bessent e il rappresentante per il Commercio Usa Jamieson Greer. Alla vigilia di quello che potrebbe essere il summit della pace, però, la presidente della Commissione ha tenuto a far sapere che la Ue ha messo a punto un’offerta, ma non rinuncia a tenere pronto il bazooka in caso di fallimento delle trattative.
Quale sia la proposta di Bruxelles è presto detto. Secondo il quotidiano economico tedesco Handelsblatt, la Ue è pronta ad accettare un dazio fisso del 10% su tutte le esportazioni dell’Unione europea verso gli Stati Uniti nella speranza di evitare tariffe più elevate su automobili, farmaci ed elettronica. Citando alti funzionari dell’Ue, il giornale precisa che l’offerta a Washington sarebbe stata fatta solo a determinate condizioni e non sarebbe permanente. Bruxelles, in cambio, sarebbe pronta a ridurre i dazi sui veicoli prodotti negli Stati Uniti e a modificare eventualmente gli ostacoli tecnici o legali per facilitare la vendita delle auto americane in Europa. L’Ue si è anche offerta di vietare completamente gli acquisti di gas naturale russo, creando potenzialmente una maggiore domanda per i produttori statunitensi di Gnl.
Tra le ipotesi sul tavolo, anche la riduzione di oneri burocratici e regolamentari già prevista, come l’alleggerimento della direttiva sulla due diligence. La posizione di Bruxelles deriva in parte dalla consapevolezza che Trump farà affidamento su nuove entrate tariffarie per finanziare i maxi tagli fiscali previsti dal disegno di legge di spesa all’esame del Congresso. "L’intenzione è costruire un pacchetto completo" per permettere al presidente statunitense di presentarlo come "una vittoria politica significativa", hanno spiegato le stesse fonti Ue al giornale tedesco. Il punto è che tutte queste indiscrezioni vengono ridimensionate da entrambe le sponde dell’Atlantico. I negoziatori statunitensi finora non hanno concordato di limitare i dazi all’importazione sulle auto Ue al 10 per cento. "La presidente Ursula von der Leyen ha parlato con Donald Trump" e "hanno concordato di proseguire i lavori per raggiungere un’intesa sui dazi entro il 9 luglio", si è limitato, a sua volta, a dire un portavoce della Commissione europea.
Nessuna conferma, invece, sulla possibilità che Bruxelles accetti un’intesa con Washington basata su dazi fissi al 10%, né su eventuali nuovi incontri in programma questa settimana tra il commissario Ue per il Commercio, Maroš Šefcovic, e i negoziatori statunitensi. Certo è che l’impegno a trovare una soluzione entro il 9 luglio è stato rilanciato alla vigilia del G7 anche dalla stessa von der Leyen, la quale, però, ha avvisato che, nel caso il risultato non fosse soddisfacente, "saremo in grado di rispondere: tutti i mezzi sono sul tavolo". Un riferimento al bazooka, ossia alle misure di ritorsione che l’Europa è pronta a far scattare fino a 120 miliardi di euro. Dal versante italiano, è toccato a Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, far capire che la possibilità di un’intesa è a portata di mano: "Mi aspetto qualcosa prima del 9 luglio, possibilmente un accordo, perché dopo i dazi dovrebbero scattare, ma anche sotto questo profilo dobbiamo cercare di riannodare i fili della ragione. Perché mentre da una parte è vero che la bilancia commerciale degli Usa è deficitaria rispetto all’Europa, altrettanto vero è però che per quanto riguarda i servizi non è propriamente così".