Martedì 23 Aprile 2024

Dal discount MD all’imprenditoria digitale "L’innovazione continua è nel nostro Dna"

Marco Podini ha creato Dedagroup, polo di Information Technology attivo in 58 Paesi

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di Lorenzo Pedrini

Ci sono imprenditori che si accontentano di gestire ciò che la sorte ha messo loro in mano. E ce ne sono altri che trovano anche il tempo di inventarne una nuova, ascoltando le proprie passioni. Appartiene alla seconda categoria Marco Podini, commerciante per ventura e innovatore per vocazione. Capace di tenere, assieme alla sorella Maria Luisa, le redini della holding di famiglia, quella Lillo Spa che controlla, tra gli altri, il gruppo Discount MD e di creare dal nulla Dedagroup, un polo It attivo in 58 Paesi con un fatturato di oltre 250 milioni di euro.

Da dove arriva l’idea di virare su un settore tanto diverso dalla Gdo?

"Dalla mia passione giovanile per il mondo informatico e dalla possibilità, intravista a fine anni ’90, di replicare in un settore giovane e frammentato il percorso di crescita affrontato con i supermarket. Nel commercio alimentare, infatti, eravamo passati da uno scenario caratterizzato, all’epoca, da un milione e duecentomila piccoli negozi a un nuovo modello fatto di libero servizio e superfici più grandi, abbattendo i costi e innalzando il valore aggiunto per il cliente. Dopo 22 anni, ci siamo riusciti".

Erano, quelli, anni di grandi opportunità.

"Nel 1994 avevamo ‘startuppato’ MD, altra innovazione basata sul cambiamento della formula di vendita, passando dal classico supermercato a un modello nuovo, quello del ‘discount’, e concentrandoci all’inizio sul Mezzogiorno, dove la concorrenza era meno agguerrita. Poi, ho intrapreso un percorso nuovo e autonomo ed è nata Dedagroup, partita dall’idea di una convergenza tra telecomunicazioni e informatica pionieristica allora, ma che ora è realtà".

Poi sono arrivati la bolla del dotcom e l’11 settembre...

"Il mondo è cambiato e abbiamo abbandonato il filone delle telecomunicazioni a favore dell’informatica, in un contesto popolato da aziende che offrivano servizi di system integration. Ma da subito, per me, era chiaro che dovevamo spostarci verso il software. Nel corso dei primi 12 anni abbiamo cercato nicchie in cui trovare specializzazioni ed esigenze di mercato da colmare e, oggi, copriamo in misura importante aree come quella bancaria, quella di moda, tesoreria, finanza, pubblica amministrazione, in Italia e all’estero".

Ma nemmeno gli anni 2000 sono stati esenti da stravolgimenti...

"Dopo la crisi del 2001 è arrivata quella del 2009, seguita ora dal Covid, ma, avendo un’idea chiara di cosa volevamo ottenere, mi sento dire che la nostra sfida l’abbiamo vinta. Volevamo essere tre le prime 10 realtà dell’It italiane e oggi siamo al sesto o settimo posto. Stesso discorso per la creazione di eccellenze software territorio, un’ambizione pienamente raggiunta. Del resto, a me il software è ciò che affascina di più, poiché lì risiedono le vere competenze dell’industria del futuro".

Si spieghi meglio...

"Tra i codici dei programmi complessi c’è tutto il know-how specifico di ogni settore. Qualunque cosa tu faccia, sempre più le competenze stanno sì nelle persone, ma sono poi racchiuse nel software, inteso come mezzo per dominare la complessità. Restare al passo con questo processo è stata e resta una sfida personale e del Paese tutto".

Vengono in mente i tentativi della PA di virare sul digitale.

"Da molti anni si insiste sul tema, con tanto di agende digitali, ma è tutto fin troppo lento. Sul fronte dell’identità digitale, ad esempio, malgrado gli sforzi siamo ancora indietro, anche se, al netto dei nostri limiti, il percorso resta ineluttabile e, in un modo o nell’altro, bisognerà seguirlo".

Potrebbe essere proprio il cloud la chiave giusta?

"Il cloud centralizza e standardizza i processi, generando un’efficienza superiore, maggiore flessibilità e la possibilità di aggiornare e cambiare in maniera più facile. Se oggi hai bisogno di più hardware, è lì ad attenderti nel cloud, ma anche a livello software il controllo centralizzato rende tutto più industrializzato, all’insegna di minor costo e più alta velocità".

Un discorso che dovrebbe essere comprensibile a tutti.

"Dovrebbe, ma le resistenze culturali ci sono e, da imprenditore, me ne stupisco. Con Piteco, ad esempio, che è un software che automatizza tutta l’area finanziaria dell’azienda, puoi delegare alla macchina ciò che un tempo facevi a mano, ripagando l’investimento in meno di un anno. E da qui sorge spontanea una domanda: perché in Italia non ce l’hanno tutti e non solo in mille?".

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